Alfa potrebbe non essere così costante


Uno dei tanti significati di α, la prima lettera dell’alfabeto greco, è la costante di struttura fine.

Quella che sembra una technobabble di Star Trek è un numero adimensionale, nel senso che non è un valore in litri, metri, watt… ma esprime un rapporto tra costanti fisiche ed assume lo stesso valore indipendentemente dalle unità di misura utilizzate per misurare le singole grandezze.

α vale circa 1/137 ed è considerato una costante, almeno fin’ora.

Il valore di α si calcola in questo modo (da Wikipedia):

alfa

dove e è la carica elettrica dell’elettrone, ε0 la permittività elettrica del vuoto, h la costante di Planck e c è la velocità della luce nel vuoto.

Le costanti fisiche che danno origine ad α non sono tirate a caso, ma sono scelte in modo tale che le dimensioni del divisore e del dividendo si elidano per dare un risultato adimensionale.

Se α avesse un valore diverso da quello calcolato non saremmo qui a leggere questo blog perché non sarebbero possibili molte reazioni nucleari e, quindi, chimiche così come le conosciamo che hanno reso possibile, in ultima analisi, l’evoluzione di esseri senzienti su questo pianeta.

Chi mastica l’inglese può guardare questo interessante video divulgativo in cui il professor Laurence Eaves dell’università di Nottingham parla di α e delle sue stranezze.

Fin’ora il valore di α era considerato una costante universale, ma un gruppo guidato da John Webb e Julian King dell’università australiana del Nuovo Galles del Sud ha inviato una ricerca a Physical Review Letters in cui si dimostrerebbe che il valore di α non è stato costante nel tempo.

Una delle grandezze descritte da α è la frequenza della luce emessa o assorbita dagli elettroni quando saltano da un livello energetico all’altro. Queste frequenze ben definite sono le barre colorate (emissione) o nere (assorbimento) che si vedono nelle analisi spettroscopiche della luce. Se α assumesse valori differenti, la frequenza della barra relativa ad un singolo elemento chimico sarebbe diversa.

Se si analizza la luce proveniente da oggetti molto lontani da noi si può, quindi, verificare se il valore di α era lo stesso anche in un passato assai remoto.

Il gruppo di Webb e King ha osservato dei quasar la cui luce è partita nove miliardi di anni fa. Se le conclusioni del gruppo di scienziati sono corrette, il valore di α in quel periodo era dello 0,0006% inferiore a quello attuale. Potrebbe sembrare uno scostamento risibile, ma, essendo misurabile, è quanto basta per dimostrare che α non è costante. Gli stessi studi dimostrerebbero che il valore di α diminuisce andando indietro nel tempo, ovvero il valore è in aumento.

I risultati della ricerca devono ancora essere confermati; se lo fossero potrebbero dimostrare che una o più costanti fisiche coinvolte nel calcolo di α sono, in realtà, variabili. (via The Economist)


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