La Guardia di Finanza usa il comando JOIN


Per chi si diletta di database può sembrare una cosa ovvia, per le Fiamme Gialle probabilmente non lo era o, verosimilmente, non avevano ancora gli strumenti necessari.

Sia chiaro: chi scrive accoglie con sentimenti assolutamente positivi queste iniziative e riconosce, per esperienza, che non sia così facile mettere assieme dati in maniera coerente provenienti da fonti diverse che, alcune volte, non sono esattamente entusiaste di fornire i dati richiesti. Quanto segue è, quindi, un commento che parte dalle premesse appena esposte.

Il Sole dà conto dell’operazione Perseo, che, detta in termini informatici, è una query che mette in JOIN varie tabelle applicando le WHERE opportune (sto banalizzando).

Per mettere in relazione due o più tabelle ci vuole una chiave, che, in questo caso, sono il codice fiscale, la partita IVA o una tabella di associazione dei medesimi.

Per puro esercizio teorico, immaginiamo di avere a disposizione i database in formato SQL di varie fonti, quali conti correnti, transazioni delle carte di credito, pagamenti vari, transazioni Telepass, eccetera. Se io voglio tracciare Paolino Paperino il cui codice fiscale è PPRPLN80B13B602C mi basta selezionare tutti i record delle tabelle che fanno riferimento a quel codice fiscale, metterle in ordine cronologico ed ecco che ho un’idea della vita di Paolino Paperino.

Ovviamente questo è un esercizio mentale, nella realtà non ci sono entità che abbiano libero accesso a tutti quei dati contemporaneamente e non è così facile come l’ho descritto. Ma se si parte dagli acquisti di beni di lusso e si impostano i parametri corretti, si capisce come mai il Sole dica che «praticamente tutti i contribuenti selezionati nella fase sperimentale sono risultati “positivi” al controllo.»

L’unico auspicio che mi permetto di palesare è che questi strumenti vengano utilizzati con la massima cautela senza voler punire chi, per fortuna o per abilità, è più ricco di altri. Avere a disposizione tante informazioni e una vasta potenza di calcolo che permette di elaborarle è un potere enorme, come Google dimostra ampiamente, che deve essere utilizzato con molta cautela e responsabilità.

,

2 risposte a “La Guardia di Finanza usa il comando JOIN”

  1. Sono un informatico e lavoro per un ente pubblico, anche se non per la Guardia di Finanza. Ovviamente il comando JOIN mi è noto nottetempo, il problema è WHERE. Su quali databases? 1) Esiste innanzitutto un problema si autorizzazioni non da poco per accedere ai vari databases dei vari enti, accessi che si ottengono a con richieste formali e procedure che durano mesi. Quindi un Join di pochi milllisescondi è preceduto da mesi di carta bollata. 2) La mancanza di sistemi real-time per analizzare i dati. Quasi sempre sono implementati in sistemi non fatti per colloquiare, senza accessi ODBC o similari, sviluppate da ditte con appalti che non prevedono collegamenti esterni e che non te li forniscono perchè significherebbe estendre l’appalto, pertanto, quando finalmente hai l’autorizzazione all’accesso, al più avrai un dump, donwload in excel o persino migliaia di stampe in PDF e basta! Ecco perchè le indagini durano mesi e mesi. 3) La qualità dei dati. Avere il codice fiscale è quasi sempre un miraggio. Con nomi e cognomi si hanno tanti di quegli omonimi da scoraggiare qualunque indagine e in ogni caso si collezionano indizi, non prove. Milioni di records con un po’ di informazioni frammentarie, quasi sempre inutili o rindondanti, il campo che serve a te quasi sempre manca 4) L’estero. Quando le fatture puntano in un altro paese è quasi sempre la fine. All’esterno oltre ad non esistere il codice fiscale, già in Europa le autorità locali ti danno accesso solo in casi conclamati. Fuori europa la situazione diventa drammatica. In certi paesi l’accesso non te lo danno per nessun motivo. La tua azienda è in rosso e tu giri in Porche e possiedi uno yatch? Dichiari che i soldi ti arrivano da una tua azienda registrata in qualche oscuro paese sudamericano, e fai collegare il tuo “conto di corrispondenza estero” a un conto di un paese che protegga realmente il segreto bancario, amministrato da un avvocato protetto a sua volta dal segreto professionale…

    • Grazie per il commento.
      Ho a che fare anche io per lavoro con la PA e condivido le tue osservazioni.

      Per l’estero le cose stanno migliorando un poco perche’ i paradisi fiscali fanno suonare campanelli d’allarme prima ancora di fare delle query e in alcuni casi c’e’ pure il ribaltamento dell’onere della prova.

      E’ comunque vero che queste lotte non si fanno da soli: non le puo’ fare la GdF da sola senza il supporto di banche & C. e non le puo’ fare l’Italia da sola senza un coordinamento internazionale.

      L’importante e’ iniziare e colpire il piu’ possibile chi sta palesemente compiendo dei reati, senza colpevolizzare chi fa dei sacrifici per permettersi piccoli lussi o basare gli accertamenti fiscali su delazioni di vicini di casa invidiosi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *