Viviamo nel futuro


Provate ad immaginare di sedervi alla scrivania la mattina con il caffè, accendere il computer e leggere i giornali del mattino

Più o meno lo facciamo tutti (tutti noi che leggiamo o scriviamo le pagine di questo blog), qualcuno lo fa anche su dispositivi che dieci anni fa non esistevano nella forma attuale.

Quelle parole però vengo dal video di un servizio giornalistico del 1981. Cosa stavamo facendo nel 1981?

Nel 1981 (vado a memoria) stava nascendo il fenomeno degli home computer: tastiera, CPU, qualche migliaio di byte di RAM, un generatore sonoro e un modulatore per il collegamento alla TV. C’erano i primi videoregistratori, ma non erano ancora diffusi. In molti avevano ancora la televisione in bianconero perché in Italia le trasmissioni a colori esistevano da pochi anni.

Nel 1981 la Hayes metteva sul mercato il suo primo modem con il set comandi AT, che sarebbe diventato poi lo standard ancora in uso adesso.

In quegli anni a San Francisco qualcuno provava a far leggere il giornale da casa con un accoppiatore acustico, verosimilmente a 300 baud, che equivalgono a livello applicativo a meno di 30 byte al secondo. Il solo testo non formatto di questo articolo impiegherebbe 65 secondi per essere trasmesso. Secondo la giornalista, l’intero testo di un quotidiano veniva trasmesso in almeno due ore di collegamento (con le tariffe telefoniche a tempo); mantenendo l’ipotesi dei 300 baud sarebbero oltre 216.000 byte di testo.

Va notato che nel servizio non si fa riferimento ad alcuna funzione di ricerca che, avremmo imparato negli anni successivi, è una delle funzioni killer dell’elettronico.

Eppure adesso ci siamo in quel futuro del 1981; forse i giornali si sono già pentiti per aver fatto quelle sperimentazioni agli inizi degli anni 80. Adesso il giornalismo si interroga sul proprio futuro, a volte scrutando l’orizzonte e abbracciando un’ampia visuale, a volte osservandosi tediosamente l’ombelico.

,

3 risposte a “Viviamo nel futuro”

  1. A dire il vero non è solo il giornalismo, ma anche quei rubasoldi degli editori che vedoono il loro “potere” (si, potere di decidere in base al loro ego) piano piano cadere.
    Meno male.

    K.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *