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  • Punti di vista – I Chindōgu

    Siamo diventati troppo tecnologici o troppo pigri? Sia come sia, trovo che questa sia una genialata e permette anche di ovviare all’acquisto di un guanto di coppia 😀

    Fonte

    E’ molto che non posto ma mi piace iniziare il 2014 con una di quei gadget che sono assolutamente inutili al di fuori della specifica funzione per cui sono stati creati. I Giapponesi ne hanno fatto un’arte: si chiamano Chindōgu e gli esempi più classici si sono visti decine di volte in rete.
    Stando a Wikipedia i Chindōgu devono avere specifiche caratteristiche:
    “1. un chindōgu non può avere un utilizzo reale;
    2. un chindōgu deve esistere fisicamente;
    3. in ogni chindōgu è insito uno spirito di anarchia;
    4. i chindōgu sono strumenti per la vita quotidiana;
    5. i chindōgu non sono in vendita;
    6. l’umorismo non dev’essere la sola ragione per creare un chindōgu;
    7. il chindōgu non è pubblicitario;
    8. i chindōgu non trattano mai temi scabrosi;
    9. il chindōgu non si può brevettare;
    10. i chindōgu non hanno pregiudizi.”

    A seguire alcuni dei miei preferiti (e che userei… se sapessi dove comprarli!!): (altro…)

  • LADRI!!!

    Uno esce di cassa la mattina, sta in giro ore per la città andando a piedi sotto l’acqua per sistemare i problemi di tre clienti. Salta il pasto per farsi 50 km (sempre sotto l’acqua) in auto per andare da un ulteriore cliente (fortuna che è un laboratorio di dolciumi, quindi qualcosa sa mettere nello stomaco c’è sempre) per verificare se il software che ha scritto funziona, raccogliere le (per fortuna poche) segnalazioni di problemi e incassare parte della fattura. Quindi altri 50 km di auto sotto l’acqua per tornare finalmente a casa (e iniziare a lavorare).

    Tornato a casa scopro che un’organizzazione ha deciso di imporre, obtorto collo, ai siti un balzello di 1.800 Euro l’anno (un operaio impiega oltre un mese e mezzo per portare a casa quei soldi, giusto per dare un valore alle cifre) per permettere loro di trasmettere dei trailer, ovvero la pubblicità dei film. È così che si fanno i soldi, non lavorando!

    La pubblicità di Google qui a fianco mi ha fruttato 30 Euro in un anno e mezzo, ma a nessuno è mai passato per la testa l’idea di farmi pagare per mettere quella colonna pubblicitaria.

    SIAE e AGIS invece hanno deciso che la pubblicità dei film deve passare a pagamento, inteso, però, nel modo opposto a quello che suggerirebbe il buon senso: chi paga è chi ospita l’inserzione pubblicitaria, non l’inserzionista.

    Vediamo cosa succede se la gente si stufa di questi furti e di queste cazzate e decide di andare in pizzeria al posto di andare al cinema. Avete intenzione di andare al cinema? Pensate a chi state dando i vostri soldi. (via Fantascienza.com)