Quando un cliente mi chiede «il server HP o Dell?» la mia risposta abituale è «le CPU sono Intel, le memorie Kingston, le schede di rete Intel o Broadcom, i dischi Samsung, Seagate, WD o altri, la vera differenza sta nella targhetta con il nome»
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Chiudi il ticket!
Nella mia carriera IT mi è capitato nel corso degli anni di occuparmi di supporto agli utenti in prima persona.
L’ho fatto, lo faccio, coordino e collaboro con persone che fanno questo esclusivamente o come parte del loro incarico in diversi Paesi.Ho visto negli ultimi vent’anni grandi modifiche e un supposto progresso nel modo in cui è gestito.
Succedeva più spesso anni fa, ma è ancora così in molte realtà, che il supporto fosse fatto in maniera quasi informale: gli utenti contattavano qualcuno che lavorasse “con i computer” e chiedeva aiuto. La persona in questione poteva aiutare se trovava tempo e se aveva la competenze necessarie.
Poteva a volte ignorare l’utente se lo riteneva (a torto o a ragione) non degno della sua attenzione e del suo tempo.In aziende più grandi e strutturate, e anche in aziende più piccole con il passare degli anni, il ruolo di supporto ha aumentato la sua importanza e, insieme a questa crescita si è sempre più specializzato e strutturato.
Le declinazioni pratiche di questo argomento sono molteplici, ma la struttura basica non cambia di molto.
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Спасибо HP!
Sono indeciso se aggiungere la categoria Humor a questo articolo.
Oggi io e un collega abbiamo assemblato in laboratorio un sistema con quattro server, uno storage e due switch FC che tra poco verrà consegnato al cliente.
Il collega era indeciso sull’opportunità di fare un aggiornamento firmware e ha preferito contattare direttamente il supporto HP per verificare delle possibili incompatibilità.
La prima telefonata è andata buca perché è finito nel ramo sbagliato del call centre ed ha dovuto richiamare.
Alla seconda telefonata ha risposto una persona che ha detto sostanzialmente “le faremo sapere”.
Il collega ha ricevuto poco fa questa mail in merito al caso aperto (le parti pixelate contengono anche l’ID del caso).
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ByeDaddy
A partire dalla notte tra il 22 e il 23 dicembre (ora europea) GoDaddy ha sperimentato sulla propria pelle cosa significa prendere posizioni impopolari.
Il registar si era, infatti, apertamente schierato a favore del SOPA, contro cui sono stati spesi terabyte di testi.
Se, da un lato, ognuno è libero (e deve esserlo) di esprimere le proprie opinioni, si deve anche aspettare che i suoi clienti agiscano di conseguenza e scelgano se continuare o meno ad essere tali. Azione e reazione: è fisica.
La reazione non ha tardato a manifestarsi. Già ieri mattina, 23 dicembre, alle 5 (ora europea) Twitter brulicava di messaggi a sfavore con l’hashtag #BoycottGoDaddy che invitavano a trasferire i domini altrove.
Io stesso ho trasferito tutti i domini, incluso questo, che avevo su GoDaddy altrove. Il blackout del sito è stato causato proprio dal trasferimento e dal fatto che GoDaddy ha sconfigurato le zone dai suoi DNS immediatamente dopo la mia conferma di trasferimento senza attendere il completamento dello stesso.