Categoria: Commenti

Commenti a fatti o notizie

  • Benvenuto e buon viaggio!

    E’ notizia di soli due giorni fa che il nuovo velivolo della Airbus ha effettuato il suo primo volo di test. Infatti venerdì mattina, il nuovo A350XWB ha effettuato un viaggio di collaudo partendo dall’aeroporto di Tolosa, vicino alla linea di assemblaggio dell’Airbus.

    Questo nuovo velivolo ha subito numerose revisioni nella sua fase progettuale e, da un progetto conservativo basato sul A330, è diventato invece un prodotto innovativo destinato a rimpiazzare gli A330 e A340 e a competere o superare i nuovi aerei della rivale Boeing. L’A350XWB infatti è progettato per essere circo l’8% più efficiente nei consumi del Boeing 787, mentre la sua versione -1000 potrà vantare una autonomia massima superiore a quella del Boeing 777-300ER.
    Il costruttore prevede anche di certificare questo aereo – primo al mondo – per ETOPS-350, mentre Boeing punta a certificare i suoi prodotti corrispondenti solo per ETOPS-330.

    Chi si fosse perso la diretta dell’evento, può visitare il sito dedicato al volo inaugurale o visualizzare direttamente la lunga replica su Youtube che vi incorporo qui di seguito per comodità.

    [youtube=http://www.youtube.com/watch?v=DC9qmo7roWc#!]

    Vi ricordo che Airbus è una azienda di eccellenza che in soli 40 anni ha scardinato quello che sostanzialmente era un monopolio dell’industria statunitense sugli aerei commerciali. Nacque originariamente come un consorzio di aziende aerospaziali europee al quale l’Italia non volle aderire, perdendo così l’ennesima possibilità di crescita industriale.
    Una breve storia commentata dell’Airbus e del ruolo che l’Italia (non) vi ha giocato è presente nell’interessante volume di Luciano Gallino La scomparsa dell’Italia industriale.

  • Imparare dagli errori

    IMG-20130606-00270Questa settimana ho partecipato all’edizione Italiana del BlackBerry Experience Forum, un evento rivolto ai reparti ICT delle aziende per dimostrare e discutere alcune delle nuove tecnologie appena presentate o di prossima uscita da parte di quella che una volta era RIM.

    Probabilmente tutti sapete della recente uscita delle linea di prodotti denominata BlackBerry 10 che è una vera rivoluzione nell’intera piattaforma.
    Comprende infatti un nuovo sistema operativo non più basato su Blackberry OS ma ora su QNX, comprende nuovi apparecchi telefonici (per il momento solo di fascia alta , ma con almeno un modello di fascia bassa in arrivo a breve).  Sopratutto prevede un metodo di gestione dei dati completamente diverso dal precedente (solo incidentalmente vi ricordo che la piattaforma BB 5/7 con l’APN blackberry.net rimarrà in funzione al massimo per due anni, o meno a seconda del vostro operatore telefonico).
    Non voglio fare qui un comunicato stampa sul BB10 e invito il lettore interessato a documentarsi sulla Wikipedia (o meglio ancora con il referente commerciale del proprio operatore, ammesso che ne abbiate uno che sappia fare il suo lavoro…), vorrei invece discutere di lezioni imparate. (altro…)

  • Viviamo nel futuro

    Provate ad immaginare di sedervi alla scrivania la mattina con il caffè, accendere il computer e leggere i giornali del mattino

    Più o meno lo facciamo tutti (tutti noi che leggiamo o scriviamo le pagine di questo blog), qualcuno lo fa anche su dispositivi che dieci anni fa non esistevano nella forma attuale.

    Quelle parole però vengo dal video di un servizio giornalistico del 1981. Cosa stavamo facendo nel 1981?

    Nel 1981 (vado a memoria) stava nascendo il fenomeno degli home computer: tastiera, CPU, qualche migliaio di byte di RAM, un generatore sonoro e un modulatore per il collegamento alla TV. C’erano i primi videoregistratori, ma non erano ancora diffusi. In molti avevano ancora la televisione in bianconero perché in Italia le trasmissioni a colori esistevano da pochi anni.

    Nel 1981 la Hayes metteva sul mercato il suo primo modem con il set comandi AT, che sarebbe diventato poi lo standard ancora in uso adesso.

    In quegli anni a San Francisco qualcuno provava a far leggere il giornale da casa con un accoppiatore acustico, verosimilmente a 300 baud, che equivalgono a livello applicativo a meno di 30 byte al secondo. Il solo testo non formatto di questo articolo impiegherebbe 65 secondi per essere trasmesso. Secondo la giornalista, l’intero testo di un quotidiano veniva trasmesso in almeno due ore di collegamento (con le tariffe telefoniche a tempo); mantenendo l’ipotesi dei 300 baud sarebbero oltre 216.000 byte di testo.

    Va notato che nel servizio non si fa riferimento ad alcuna funzione di ricerca che, avremmo imparato negli anni successivi, è una delle funzioni killer dell’elettronico.

    Eppure adesso ci siamo in quel futuro del 1981; forse i giornali si sono già pentiti per aver fatto quelle sperimentazioni agli inizi degli anni 80. Adesso il giornalismo si interroga sul proprio futuro, a volte scrutando l’orizzonte e abbracciando un’ampia visuale, a volte osservandosi tediosamente l’ombelico.

  • Virtualizzazione: progettare sempre

    Fin dal mio primo progetto di virtualizzazione per un cliente (ma anche prima della virtualizzazione, ad essere onesto), quello che commercialmente è un’offerta di un fornitore, dal punto di vista IT l’ho sempre vista come l’ultimo passo di un progetto.

    Quando si deve mettere mano all’infrastruttura IT o se ne deve creare una ex novo è sempre importante partire da un progetto, indipendentemente dal fatto che si stia parlando di un piccolo server per tre utenti o di una multinazionale con sedi sparse in tutto il mondo (alcune delle quali in movimento).

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  • Hyper-Rosiconi

    HYPER-VitaminIeri si è tenuto a Milano il VMware Vforum 2013 (sarà a Roma domani), l’annuale appuntamento dedicato a VMware.

    Il Vforum è un evento viaggiante in varie città in cui chi partecipa può entrare in contatto con le ultime tecnologie basate su quell’ambiente di virtualizzazione.

    Quando sono arrivato ieri mattina ho visto da lontano all’ingresso del quartiere fieristico di Milano una decina di signorine in minigonna arancione. Avvicinandomi, ho capito che queste signorine stavano distribuendo delle lattine di “HYPER-Vitamin” (grassetto e corsivo come nella lattina).

    All’inizio ho creduto in uno scherzo, ma poi la cosa è diventata chiara.

    MicrosoftMicrosoft pubblicizza il proprio sistema di virtualizzazione all’ingresso di un evento di VMware distribuendo lattine di aranciata con un nome che richiama la sua piattaforma.

    Patetico.

    Patetico perché non è più così (posto che lo sia mai stato) che si dimostra la propria presunta superiorità in questi contesti.

    Non stiamo parlando di un prodotto desktop venduto nei supermercati, ma di qualcosa che sta alla base di computer room o data centre.

    VMware non è l’unico attore in questo mercato, esistono (ad esempio) KVM e OpenStack con una nutrita base di installato e un loro ecosistema di sviluppatori e utenti.

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  • Dalla scatola alla nuvola

    cspartQualcuno dirà che è finita una epoca, e sarebbe difficile dargli torto.

    Sono passati oltre 25 anni da quando la Adobe ha lanciato sul mercato due prodotti software che avrebbero definito il mondo della grafica non solo per gli anni, ma per le geenrazioni a venire.
    Come tutti sapranno già, negli anni Adobe è cresciuta in maniera drastica anche attraverso l’acquisizione di altre software house storiche come Aldus e Macromedia.
    Tutte le tecnologie acquisite e incorporate sono poi servite per ampliare la gamma di prodotti di grafica e di sviluppo dell’Azienda.
    Nel campo dell’informatica penso sia difficile trovare qualcuno che non conosca la Adobe Creative Suite: un pacchetto in bundle che appunto incorpora una buona parte delle applicazioni.

    La storia della CS è iniziata nel 2003 con la prima versione a cui ne sono seguite altre sei, ma, poco meno di dieci anni dopo, la vita di questo prodotto come pacchetto software è conclusa.
    Durante l’ultima Adobe MAX Conference, infatti è stato annunciato che la CS6 non sarà mai aggiornata e rimarrà l’ultima versione pacchettizzata della suite, insieme con le versioni singole delle varie applicazioni che la compongono. (altro…)

  • L’ultimo miglio

    Due episodi apparentemente scollegati tra loro.

    È una settimana che attendo la consegna di un collo (quello che dovrebbe essere il mio nuovo telefono) che ha oramai percorso più chilometri di una sonda Pioneer innanzi e indietro perché chi consegna la merce non legge (non è chiaro se per incapacità o pigrizia) la nota presente nel documento di consegna che indica indirizzo esatto e campanello da suonare.

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  • APP o browser?

    link a facebookLo dico subito: non sono mai stato un fanatico del fenomeno delle APP, specialmente quando venivano spacciate come “evoluzione” del web.

    Riconosco che quando è nato l’iPhone le reti cellulari non erano dei fulmini di guerra per la trasmissione dati, i siti non erano (più) ottimizzati per connessioni a bassa velocità e ovviamente non esisteva (ancora) il concetto di “versione mobile del sito”.

    In sé la APP disaccoppia i dati dalla presentazione: la presentazione risiede staticamente sul telefono (client) e i dati vengono pescati dinamicamente dal server via http[s]. Questa tecnica riduce notevolmente il traffico dati perché la presentazione (la APP), che è la parte più cospicua dal punto di vista del traffico, viene trasmessa solo in fase di installazione/aggiornamento.

    Ma c’è un pericoloso risvolto della medaglia: una APP è un vero e proprio programma che gira sul telefono a cui vengono concessi dei permessi di accesso da parte dell’utente (si spera in maniera consapevole). Senza contare il fatto che spesso una APP “presenta” dei contenuti del web, senza però offrire la possibilità di ricavare un riferimento ipertestuale (URL) a quei contenuti per trasmetterli o referenziarli altrove. In alte parole, rompe uno dei fondamenti del WWW.

    Si può star qui a disquisire sull’opportunità di avere un sistema con più o meno granularità di permessi, ma alla fine la questione è una: le APP tendono a chiedere più privilegi di quelli che hanno bisogno, nel nome della oramai logora “migliore esperienza di utilizzo”.

    Facebook è un chiaro esempio di questa espansione e trasformazione verso qualcosa che diventa onestamente eccessivo. Se si guarda l’applicazione per Android, i permessi richiesti sono poco giustificabili ad una prima analisi. Non sono, ovviamente, tirati a caso, ma l’applicazione di Facebook inizia a diventare onestamente troppo invasiva.

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  • DRM: la posizione di un autore

    In un post del suo blog l’autore di fantasy Francesco Dimitri dice apertamente quello che pensa dei DRM.

    Ho conosciuto Francesco e sono stato a casa sua a Londra. Non è un Don Chisciotte, ma una persona concreta con la testa sulle spalle.

    Oltre a fare propri alcuni temi contro i DRM derivati da una semplice applicazione del buon senso, in un passaggio del suo articolo Francesco espone una tesi interessante:

    Soldi e tempo, dicevo, due risorse preziosissime. Ma non c’è dubbio che il tempo sia la più preziosa delle due – se non altro perché puoi usare il tempo per creare soldi, ma difficilmente puoi usare soldi per creare il tempo.  E quindi anche chi legge senza pagare, anche il bieco pirata, ti sta dando fiducia. Anche lui merita qualcosa in cambio. Una buona storia, almeno, e anche… a questo punto l’avrete capito, fiducia.

    Bravo Francesco e ben venga questa continua apertura da parte degli scrittori; del resto sono loro a proporre temi nuovi, a produrre idee e storie, non certo gli editori e i distributori; quindi sono gli autori che devono essere ascoltati quando parlano e spiegano.

  • Non ci rappresentate

    C’è un movimento che sostiene di rappresentare il popolo del web o il popolo di Internet o qualcosa di simile.

    Quel movimento rappresenta (si spera) solamente i propri iscritti. Punto.

    Mettiamo bene in chiaro una cosa: nessuno ha dato mandato in modo palese o tacito a quelle persone di rappresentare gli utenti Internet italiani, né quelle persone hanno un diritto morale, legale o acquisito per rappresentare legittimamente gli utenti Internet.

    Come è giusto che sia, gli utenti di Internet hanno idee varie e, se mai dovessero avere uno o (meglio) più organi di rappresentanza, queste entità avrebbero lo scopo di sostenere le istanze degli utenti in quanto tali.

    Quando un qualsiasi movimento politico si esprime lo fa (si spera) a nome e conto dei propri iscritti con le regole discusse (si spera) e accettate dagli stessi, siano questi stati reclutati con tavolini per strada, siti web, visite a casa, passaparola.

    Giusto per evitare che un partito politico diventi per Internet l’equivalente dell’ACI per gli automobilisti.

  • Trasloco

    Come per l’abitazione, può capitare di dover fare un trasloco in azienda.

    Chi scrive ha una cospicua esperienza di traslochi di sistemi informativi, che va da un server spostato alla stanza a fianco ad una decina di rack con annessi e connessi spostati dalla Svizzera tedesca al canton Ticino.

    Quando un’organizzazione si sposta la parte informatica e telematica ha oramai un ruolo importante, anche se molti non addetti ai lavori credono che spostare un’infrastruttura IT sia come spostare una fotocopiatrice.

    Il trasloco è un’operazione complessa che deve essere coordinata, cercherò di analizzare alcuni aspetti, basati molto sull’esperienza acquisita sul campo.

    L’aspetto più importante è far circolare le informazioni e condividere la pianificazione delle attività tra i vari attori in gioco. Più che mai è vera la frase if you fail to prepare prepare to fail.

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  • Certificato SSL: perché no?

    I certificati SSL sono oramai disponibili anche a prezzi assai abbordabili.

    Da NameCheap (uso quel fornitore come esempio, ma si trovano anche altrove) si possono prendere i Comodo a 7,95 dollari/anno o i GeoTrust a 9,49 dollari/anno. Con questi prezzi la domanda da porsi è se abbia ancora senso usare dei certificati auto emessi.

    Ci sono situazioni in cui i certificati di questo tipo non possono essere utilizzati. Ad esempio, se si vuole certificare non un host, ma tutti gli host di un intero dominio si sale di prezzo di un ordine di grandezza.

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