Categoria: Commenti

Commenti a fatti o notizie

  • Burocrazia, burocrazia, burocrazia…

    Articolo un po’ sui generis, ma, come ben sanno i collaboratori di questo blog, la regola di Siamo Geek è che non ci sono regole.

    Sono titolare di un box auto in un condominio utilizzato dai miei genitori, che si occupano delle spese condominiali e dei rapporti con l’amministratore.

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  • Il decreto sui libri digitale? Riprova, sarai più fortunato!

    Ieri, durante la presentazione di “Il Mondo Digitale“, l’ultimo libro scritto dall’amico Marco Camisani Calzolari, si è parlato, tra l’altro, di come i genitori possano aiutare i propri figli ad entrare nel mondo digitale. Figli che, a dire il vero, sono più vicini a questo mondo di quanto non lo siano la stragrande maggioranza dei genitori. Come tutti i discorsi che guardano al futuro, soprattutto a quello dei nostri figli, anche questo è stato caratterizzato da qualche spunto interessante legato, tra le altre cose, al controllo o all’approccio del genitore rispetto alla volontà eplorativa e conoscitiva dei ragazzi.

    Poi arrivo a casa e l’occhio cade sulla notizia della firma dell’attuale ministro Carrozza sul decreto sui libri digitali a scuola… e mi rendo tristemente conto che quello che avevo vissuto, durante la presentazione, era un sogno. Il sogno di un paese dove si guarda al futuro e non si continua a rimanere nel passato. La realtà è quella di un paese dove si tutelano, prima di tutto, gli interessi privati; dove si pensa a tutelare il presente di pochi eletti a scapito del futuro dei nostri figli, dei bambini ed i ragazzi… di oggi e di domani.

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  • Quando la pubblicità rompe i coglioni

    popupQuando va detto, va detto.

    Ci sono due forme di pubblicità che mi mandano in bestia e che provocano verso il prodotto reclamizzato sentimenti negativi.

    Una è quella a popup che apre una finestra dietro al browser e l’altra è quella che parte con l’audio, ovviamente il più alto possibile.

    L’ultima finestra che mi si è aperta dietro al browser pubblicizzava il prodotto il cui logo è ritratto qui sopra a destra e che cercherò di evitare d’ora in poi considerando solamente la concorrenza (tipo quella il cui nome richiama l’elemento con numero atomico 53 e la parola sano). Il problema con le finestre che si aprono dietro è che vengono chiuse per ultime. Se l’impostazione del browser è “riapri con i tab che avevi quando hai chiuso” quando si riapre appare l’odiosa pubblicità anziché le finestre di prima. Fastidiosissimo.

    L’altro comportamento irritante è quello delle pubblicità con audio nelle pagine dove non ci si aspetta che ci sia audio, come quelle dei giornali. Oggi mi ricordo di aver visto quella di un’automobile, il cui interesse per me è praticamente zero. Questo tipo di pubblicità irrita perché non ci si aspetta che la pagina emetta audio e se si hanno tante finestre aperte (magari su tanti desktop e su più computer) si fatica a capire da dove viene l’audio per zittirlo.

    Non sono un ayatollah contrario alla pubblicità, l’accetto di buon grado come contropartita di un contenuto gratuito. Mi sta bene che ci siano messaggi pubblicitari anche interstiziali, anche con immagini in movimento.

    Ma a tutto c’è un limite. Certi comportamenti scorretti invogliano solamente l’utilizzo di espedienti che bloccano la pubblicità.

  • La bella idea degli annunci automatici

    RFI, la società che gestisce l’infrastruttura ferroviaria, ha da anni automatizzato gli annunci alle stazioni.

    Il vantaggio è innegabile: gli annunci sono oramai chiari, privi di inflessioni locali e vengono fatti con le tempistiche corrette.

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  • Buffalo e la concorrenza

    Sei o sette anni fa i NAS Buffalo erano quanto di meglio si potesse comperare nella fascia SMB o SOHO.

    Non erano esattamente a buon mercato e utilizzavano dei dischi certificati da loro che garantivano una certa stabilità di prestazioni e di affidabilità. Erano considerati ottimi prodotti semplicemente perché l’alternativa era spenndere molti più soldi e andare fuori budget oppure rivolgersi verso soluzioni di fascia nettamente inferiore sia come prestazioni sia come affidabilità. Per lo standard del periodo il software di gestione era “buono”, anche se poteva migliorare.

    Poi sono arrivati altri storage di quella fascia, tra cui i QNAP. All’inizio i QNAP avevano un software veramente spartano, ma avevano il vantaggio di registrare il firmware su uno storage allo stato solido (quello dei Buffalo è sugli hard disk e se dovete ricaricarlo tanti auguri!) e i QNAP arrivano senza dischi, sta all’utente (o al rivenditore) popolarli. Esiste una HCL per i QNAP, ma da esperienza personale anche quelli non presenti vanno benissimo.

    Il nuovo software di gestione 4.0 di QNAP è un vero salto in avanti e fa veramente un sacco di cose, forse troppe per alcuni usi aziendali, ma si possono disattivare le funzioni superflue o rimuovere i pacchetti non utilizzati per alleggerire il sistema.

    TeraStation statusE Buffalo? Loro sono ancora fermi a 7 anni fa, non è cambiato praticamente nulla. Alcune funzioni considerate oramai necessarie come la gestione dell’autoaccensione in caso di blackout non sono ancora disponibili. Ma la cosa peggiore è una cronica assenza di un sistema decente per informare l’utente. Si può attivare il log, per nulla informativo, su un target syslog oppure su uno share del disco.

    Se un disco ha problemi bisogna divinare lo stato del NAS. Questo a fianco è tutto quello che appare nella console web quando un disco di una TeraStation ha problemi. Mi ero accorto del guasto non perché il Buffalo mi abbia tempestato di mail di segnalazione, ma perché un rsync che ha sempre durato mezz’ora ha iniziato a durare otto ore.

    È facile indovinare da che marca verrà sostituita quella TeraStation dopo 7 anni di onorato servizio.

  • Necessiti di pubblicità? Parla male dei “computer”

    Ultimamente è diventata una moda. Se hai bisogno che si parli di te, devi parlare male dei computer o, peggio, esaltare chi ne parla male.

    E’ questo il caso anche di tale Vittorio Feltri, che credo sia il direttore di un quotidiano poco conosciuto. Visto che a Ferragosto le vendite solitamente calano, questo signore ha deciso di farsi un po’ di pubblicità scrivendo un pezzo in cui si esalta il rifiuto di un medico di Como ad usare il computer, poichè, come spiegato, il ruolo del medico è quello di curare il paziente, avere uno “scatolone di plastica dove immettere i dati” rende tutto un problema.

    La vicenda ha del paradossale. Nel 2013 un medico si rifiuta di fare quello che tutti gli altri medici riescono a fare, ossia a conciliare le visite dei propri pazienti con l’immissione dei dati delle anamnesi e delle disgnosi sul computer. Questa operazione, che per il medico è una “perdita di tempo” è uno dei tanti modi che vengono utilizzati per migliorare la sanità della Regione. Avere su una unica fonte tutte le informazioni sulla storia di un paziente è senza dubbio un grosso aiuto qualora il paziente stesso si trovi dinnanzi ad un medico che non è quello suo. Oltretutto credo che nessuno, nemmeno questo medico, possa essere in grado di ricordare in modo preciso e puntuale tutta la storia medica dei suoi 1500 pazienti e si sa che nel mondo della medicina il “passato” di ogni persona ha una importanza fondamentale per curarla al meglio.

    Ma per questo signore Feltri, no. Per questo signor Feltri il medico è un eroe che resiste al computer dittatore. Ed è ovvio, perchè da quello che scrive questo signor Feltri non sembra conoscere il mondo dei computer molto bene.

    Leggendo il suo articolo (disponibile in forma digitale qui e qui) si evince la poca conoscenza dell’informatica se non “per sentito dire” e del problema specifico. Per lui, infatti, il medico di Fino Mornasco è stato riabilitato perchè “ha accettato […] di smanettare sul pc”. Per questo signor Feltri il compilare la documentazione medica di un paziente, in modo che trovandosi di fronte ad un medico qualsiasi sia immediato accedere a questa informazione, è “smanettare”, termine desueto usato da qualche vecchio che non ha ancora capito cosa sia l’informatica.

    La tesi di questo tale Feltri è semplice: questo medico è un eroe perchè lui “palpa e ausculta il paziente e non si dedica alla tastiera”, mentre i suoi colleghi sono tutti degli incapaci perchè usando la tastiera non sono in grado di fare diagnosi. Se fossi un medico mi riterrei insultato pesantamente da questo tale Feltri, che esalta un lavativo per denigrare chi, ogni giorno, fa il proprio lavoro riuscendo a far combaciare le cure ai pazienti e l’inserimento dei dati. Ma probabilmente i medici hanno letture più interessanti e diffuse che quelle del giornaletto diretto da questo signor Feltri. Per questo signor Feltri il computer è il male: “o ti assoggetti alle regole del cervello elettronico, o ti rassegni alla rottamazione del tuo”.

    Purtroppo non c’è nulla da fare. Di gente così in Italia ce n’è fin troppa. Gente vecchia mentalmente che non ha abbastanza cervello per comprendere come il computer sia uno strumento grazie al quale si possono migliorare le cose. Gente retrograda e limitata per cui l’uso del computer significa spegnere il cervello. Gente triste che pensa che, come scritto nell’articolo da questo signor Feltri, “l’umanità si dividerà in due categorie di stupidi: noi analfabeti elettronici e le generazioni successive schiave (non padrone) dei computer”. Gente che vede il proprio potere sparire piano piano, e si attacca a tutto pur di farsi un po’ di pubblicità.

    Caro signor Feltri, fortunatamente non la conosco e non leggo il giornalino che dirige, ma le suggerisco di informarsi un po’. L’umanità, fortunatamente, si dividerà in 3 categorie. Le due indicate da lei, nelle quali, evidentemente, lei si immedesima in modo egregio, e una terza categoria fatta da persone con cervello che usano gli strumenti informatici per migliorare il proprio lavoro, senza sentirsi assolutamente schiavi, ma proprio sfruttandoli. E la maggior parte delle persone è proprio così.

    Ripeto, basta solo informarsi e guardarsi in giro. In modo onesto, ovviamente. E forse è proprio questo il problema.

    Buon ferragosto.

     

  • Anche una MicroRisposta va bene

    Twitter-HelpIl neologismo “microblogging” non è mai entrato nell’uso comune quanto quello della sua killer application ovvero Twitter.
    Partito appunto con l’idea di diventare il corrispondente per internet dello SMS, si è evoluto poi in un social network di uso mondiale: ormai il termine tweet è entrato nell’uso comune e gli hashtag sono talmente ubiqui che strumenti di terze parti si sono adeguati fin da subito al loro utilizzo (Instagram) mentre altri hanno ceduto dopo anni (Facebook).

    Anche le  finalità di utilizzo si sono negli anni diversificate e sono quanto mai variegate: in tempi recenti non è strano vedere usare questo servizio come una sorta di e-mail.
    Si tratta infatti un modo semplice per inviare messaggi brevi con “allegati” a uno o più contatti.
    Altro uso ormai entrato nella prassi aziendale è quello di usare un account Twitter, non solo come strumento di marketing, ma anche per comunicare con i clienti: per dare assistenza, ricevere suggerimenti o lamentele.

    L’idea non è cattiva: il vantaggio per l’azienda è di costringere il cliente ad esprimersi in spazi del ristretti invitandolo quindi, idealmente, a usare oculatamente i suoi 140 caratteri venendo al dunque tralasciando fronzoli inutili. D’altra parte, il cliente dovrebbe beneficiare di una velocità di trattamento, oltre che della possibilità di essere aiutato volontariamente anche da soggetti terzi, eventualmente non legati all’azienda, ma semplicemente lettori casuali.

    Recentemente mi è capitato di usare Twitter per questi scopi, appunto, e ho tratto qualche conclusione che mi sembra opportuno condividere con i colleghi Geek.

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  • Bambini, andate a giocare altrove!

    Un cliente decide di attivare una linea Internet di terra (SHDSL) con Vodafone.

    A livello di pure linee di terra business per il collegamento a Internet sono abbastanza neutrale: una volta che ho la mia classe di IP pubblici non nattata sulla porta ethernet dell’apparato del provider e non ho filtri sulle porte o cazzate come il bandwidth throttling a me vanno bene tutte. È più un problema commerciale del cliente che altro.

    Il /29 che è stato assegnato probabilmente faceva parte di un vecchio blocco pubblico ad assegnamento dinamico che è stato riciclato perché due o tre mail server rifiutano di ricevere la posta dal mail server aziendale dietro la nuova connessione.

    Dal momento che sono abituato a questo comportamento, avevo lasciato come al solito Postfix con il soft bounce attivo in modo tale da poter intervenire guardando la coda della posta in uscita reindirizzando a botte di transport la mail che rimaneva in coda sul mail relay del provider indicato nella documentazione allegata all’attivazione della linea.

    Dopo due giorni la cosa si è normalizzata. Qualche giorno più tardi un utente mi dice che la posta verso Alice.it rimbalza e mi inoltra questo:

    while talking to smtp.aliceposta.it.:
    >>> MAIL From:<xxx@xxx.it> SIZE=63750 BODY=7BIT
    <<< 550 mail not accepted from blacklisted IP address [91.80.36.102]
    <<< 554 5.0.0 Service unavailable

    91.80.36.102 non è un IP della classe /29 assegnata al cliente, ma l’IP del relay esterno di Vodafone che mi è stato detto di utilizzare e che ha funzionato correttamente fino a poche ore prima anche con Alice.it

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  • “A me non interessa…”

    Questa è l’incipit della frase tipica degli stupidi arroganti che, in un’organizzazione, violano deliberatamente le regole.

    Parlo qui di regole relative ai sistemi informativi, ma non ho dubbi sul fatto che gli stessi incivili si comportino in modo analogo anche in altri contesti e anche al di fuori dell’organizzazione che gli dà, immeritatamente, lavoro.

    Sono una piccolissima parte, ma sono quelli che provocano il danno maggiore.

    Prendiamo un esempio: le risorse del server (posta elettronica o file che siano). L’organizzazione stabilisce delle regole di buon senso come svuota il cestino della posta, non moltiplicare i file uguali o altre regole analoghe molto semplici e altrettanto ovvie che molte persone rispettano per il fatto di essere civili e assennate, non perché qualcuno le impone.

    Ci sono quelle due o tre persone dell’organizzazione che se ne fregano, che conoscono a menadito i loro diritti ma ignorano colpevolmente i loro doveri. Quelli che aspettano solo che qualcuno contesti un’infrazione per scatenare una rissa e andare a piangere come bambini viziati dal rappresentante sindacale (o minacciano di farlo).

    Sono gli incivili che non parlano (perché ignoranti) e sanno solo menare i pugni.

    Sono anche quelli che si lagnano perché sono costantemente in cima alle liste dei rompicoglioni inutili e in fondo alle liste delle persone da premiare. Credono che tutto sia loro dovuto.

    Sono le persone per cui un backup è lento, una migrazione richiede un weekend e non una notte o il server va spesso in disk full.

    La prossima volta che il vostro server aziendale si blocca per disk full o rimane fermo a lungo per un ripristino o una migrazione ringraziate l’arrogante di turno.

  • Citizen journalism

    Esiste anche una traduzione italiana del termine, ma non mi piace.

    Poco fa un Boeing 777 della Asiana Airlines ha avuto un incidente durante l’atterraggio all’aeroporto internazionale di San Francisco.

    Mentre iniziavano i lanci delle breaking news su You Tube apparivano i primi filmati e un passeggero scampato all’incidente twittava una foto:

    sfotwit1

    Nove minuti più tardi David Eun aggiungeva un commento con un ovvio (per un americano) termine di paragone:

    sfotwit2

     

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  • Fare e disfare è tutto un decretare

    Sabato 15 giugno u.s. il Consiglio dei Ministri ha varato il cosiddetto decreto fare.

    L’articolo 10 contiene delle novità che potrebbero essere interessanti. Il condizionale è d’obbligo sia perché l’articolato potrebbe cambiare sia perché nel nostro ordinamento un decreto legge ha sì forza immediata dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma deve essere confermato dal Parlamento entro 60 giorni dalla pubblicazione. Quindi aspettiamo a cantare vittoria.

    Le novità interessanti sono due:

    • cade definitivamente il tristemente famoso decreto Pisanu per l’identificazione obbligatoria di chi utilizza in WiFi nei locali in cui la connessione a Internet non rappresenta il core business (ad esempio locali pubblici, centri commerciali, negozi vari);
    • viene cancellata quell’idiozia legislativa che obbligava a possedere un’oscura certificazione di installazione per connettere dispositivi in LAN.

    Il testo definitivo del decreto non è ancora disponibile online, Stefano Quintarelli mi ha cortesemente fornito l’ultima copia disponibile per poter verificare il testo. (via Stefano Quintarelli)

    Aggiornamento 22 giugno – Come era ovvio aspettarsi c’è stato un cambiamento. Il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale contiene un’aggiunta: “resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento (MAC address)”.

    Ora che avete finito di ridere fino alle lacrime potete continuare a leggere.

    Il MAC address di un dispositivo è tutto fuorché immutabile: il MAC spoofing non è illegale e serve proprio a proteggere i collegamenti dalla tracciabilità da parte di chicchessia. Ovvio che l’utilizzatore quadratico medio non sa nemmeno cosa sia il MAC address, ma l’utilizzatore quadratico medio non è un criminale ed è una persona onesta fino a prova contraria (con l’onere della prova in carico all’accusa). Il malvivente snifferà un po’ il WiFi, registrerà qualche MAC, configurerà il suo dispositivo per usare uno di quei MAC e compirà le sue malefatte.

    Registrare il MAC per scopi di sicurezza e tracciabilità è quanto di più inutile si possa pensare, serve solamente a far aumentare i costi di gestione di un servizio WiFi e, quindi , a dissuadere gli esercenti dall’offrirlo.

    In questo caso il “decreto fare” non fa un accidente di buono.

  • Io non lavoro gratis, ma gli altri lo facciano per me.

    E’ da qualche giorno che su Facebook mi capita di leggere status e discussioni sulla richiesta di una tale Giulia Innocenzi che ha chiesto su quel social network (magari lo ha fatto anche su altri, non so) questo:

    Giulia InnocenziAAA INFORMATICO CHE VUOLE MIGLIORARE IL MONDO CERCASI!
    Sei uno smanettone che ha voglia di dedicare le sue capacità a una buona causa che potrebbe generare grandissimi benefici a chi ne ha più bisogno? Hai voglia di far partire un progetto su cui spendere un po’ di tempo nel mese di giugno e luglio? E avresti voglia di fare tutto questo aggratis?
    Se la risposta a queste 3 domande è sì (cioè se sei uno che ne capisce di questioni informatiche, hai un po’ di tempo libero da ora fino a luglio, e hai voglia di farlo gratuitamente, visto che si tratta di fare del bene), allora sei la persona giusta per il progetto più giusto che ci sia!

    Gratis. Ma che bella parola. (altro…)