Categoria: Cronaca

Notizie di cronaca

  • Internet, politica, ignoranza

    Mi addentro raramente in temi politici probabilmente per i motivi espressi in questo articolo.

    Il Washington Post ha un bell’articolo (via Stefano Quintarelli) in cui si analizzano i motivi per i quali Internet e la politica non si capiscono.

    Le due frasi topiche dell’articolo sono (grassetto anche nell’originale):

    Washington targets isolated, static problems.

    On the Web, everything is connected and changing quickly.

    Le circostanze che vengono elencate nell’articolo sono, ovviamente, americane, ma potremmo trovarne di analoghe qui da noi, o in ogni altro Stato.

    L’autoreferenzialità e la paura dell’ignoto mascherate spesso come necessità del mantenimento dei diritti acquisiti o altre argomentazioni analoghe portano determinate categorie ad essere percepite come antiche, fuori dal tempo, anacronistiche. Sono spesso quelli che si autodefiniscono progressisti ad essere i più conservatori del gruppo e mi rendo conto di aver appena enunciato un’ovvietà.

    Purtroppo per chi sta rimanendo indietro, il popolo di Internet è numericamente superiore ed in constante aumento.

    Fatevi due conti.

  • Questo no!

    Certe cose fanno imbestialire. Si.
    E fanno imbestialire perchè sono la manna per i fanboy del “proteggi con il copyright tutto ciò che vedi“, che poi sfociano in leggi scritte col deretano o da gente che di certe cose non ne capisce una mazza (fino ai limiti assurdi della SOPA).
    E fanno imbestialire perchè non fanno altro che fermare la creatività di persone come Stefano (l’autore di questa immgine).

    La storia è semplice e spiegata dal protagonista in questo post: La Befana non fa regali ai bimbi cattivi.
    E chissà quanti altri si sono trovati in questa situazione.

    Quando si parla di aiutare un paese a crescere “digitalmente” non significa solo dargli un computer e una linea internet.

  • E che la cammella si fosse finalmente lavata?

    L’anno scorso il buon Luigi ha seguito in diverse occasioni (qui, qui e, soprattutto qui) la vicenda alla liberalizzazione del wi-fi che, in Italia, è sempre stato legato ad una serie di inutili e stupidi adempimenti burocratici.

    Il 29 dicembre scorso anno è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l’immancabile classico di fine anno: il decreto “Mille Proroghe dove non appare alcuna proroga all’articolo 7 del D.L. 144/2005 e della sua conversione in legge 155/205.

    [youtube width=”260″ height=”210″]http://www.youtube.com/watch?v=C9EKsleJKQU[/youtube]

    Buon anno anche a voi!

  • Buon compleanno Isaac Asimov

    Isaac Asimov (Petroviči, 2 gennaio 1920 – New York, 6 aprile 1992)

    Isaac Asimov

    Prima Legge
    Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.

    Seconda Legge
    Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, a meno che questi ordini non contrastino con la Prima Legge.

    Terza Legge
    Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, a meno che questa autodifesa non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.

  • Buon compleanno Commodore 64

    Commodore 64

    Nel gennaio 1982 veniva annunciato all’International Winter Consumer Electronics Show di Las Vegas il Commodore 64. Con l’occasione venne mostrato anche un prototipo.

    Nell’agosto 1982 è iniziata la vendita al dettaglio negli Stati Uniti con un prezzo di lancio di 595 dollari.

    In Italia il Commodore 64 è stato presentato in anteprima allo SMAU del settembre 1982 ed è stato reso disponibile per la vendita al dettaglio a partire dal marzo 1983 con un prezzo di listino di 973.500 lire,[6] listino in cui il Commodore 64 è rimasto fino al dicembre 1993 con un prezzo ribassato più volte.

    Il Commodore 64 è il computer più venduto al mondo, record che si trova anche nel Guinness dei primati. Nel 1986 furono venduti più di 10 milioni di esemplari in tutto il mondo. Fu commercializzato fino al 1993, quando le unità vendute furono appena 700 mila. In totale ne sono stati venduti nel mondo oltre 17 milioni di esemplari: record che con tutta probabilità non verrà mai più superato.

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  • ByeDaddy

    A partire dalla notte tra il 22 e il 23 dicembre (ora europea) GoDaddy ha sperimentato sulla propria pelle cosa significa prendere posizioni impopolari.

    Il registar si era, infatti, apertamente schierato a favore del SOPA, contro cui sono stati spesi terabyte di testi.

    Se, da un lato, ognuno è libero (e deve esserlo) di esprimere le proprie opinioni, si deve anche aspettare che i suoi clienti agiscano di conseguenza e scelgano se continuare o meno ad essere tali. Azione e reazione: è fisica.

    La reazione non ha tardato a manifestarsi. Già ieri mattina, 23 dicembre, alle 5 (ora europea) Twitter brulicava di messaggi a sfavore con l’hashtag #BoycottGoDaddy che invitavano a trasferire i domini altrove.

    Io stesso ho trasferito tutti i domini, incluso questo, che avevo su GoDaddy altrove. Il blackout del sito è stato causato proprio dal trasferimento e dal fatto che GoDaddy ha sconfigurato le zone dai suoi DNS immediatamente dopo la mia conferma di trasferimento senza attendere il completamento dello stesso.

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  • La Germania abolisce i filtri Internet

    La Germania ha deciso di abolire il sistema di filtraggio preventivo di Internet in funzione dal 2009 con lo scopo di bloccare l’accesso a siti di pedopornografia.

    La legge era assai controversa fin dalla sua entrata in vigore ed era stata bollata subito come inefficace e come il seme di una possibile introduzione della censura su scala più ampia.

    Il blocco veniva effettuato dai provider tedeschi e tutti gli utenti avevano capito fin da subito quanto fosse facile aggirare il blocco, rendendo inefficace il provvedimento.

    L’attuale ministro federale della giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger ha definito questa legge una “soluzione superficiale”.

    La nuova soluzione adottata nel caso in cui si scopra un sito di pedopornografia è quella ovvia: cancellarlo.

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  • L’onda anomala

    Ultimamente su SiamoGeek si è parlato di Google Wave, anche se in maniera collaterale.
    Ho preso spunto da lì per scrivere un post, probabilmente conclusivo, su quell’esperienza.
    Per chi non conoscesse lo strumento, si tratta (e forse fra poco scriveremo trattava) di una piattaforma di collaborazione e comunicazione online inizialmente lanciata durante il Google I/O del 2009 come una rivoluzione nel modo di scambiarsi informazioni. Personalmente ne ero rimasto veramente colpito e per alcuni mesi l’ho anche potuto usare grazie alla beta pubblica proposta da Google sui suoi server.

    Sfortunatamente Wave non ha raggiunto lo status di prodotto di massa come, ad esempio, GMail, probabilmente anche per colpa di poca attenzione da parte delle stesso team in Google che pare non averci creduto troppo fin dai primi mesi di vita. In sostanza il prodotto non esisterà più come piattaforma stand-alone, ma è stata ceduta alla Apache Foundation che pare interessata più che altro a farne un prodotto server, denominato appunto Wave in a Box.
    Quanta fortuna potrà avere questo prodotto non è possibile dirlo ora, anche se non sembra capace di raggiungere la diffusione massiva di altri prodotti “tradizionali” come server software di posta o di collaborazione.

    Chi avesse un account Wave da cui esportare informazioni, dovrebbe leggere il post finale sul blog ufficiale del prodotto, in vista della chiusura definitiva ora stabilita per il prossimo 30 Aprile.

  • Ma abbiamo veramente bisogno dell’email in azienda?

    E’ di qualche giorno fa la notizia che Thierry Breton, CEO di una delle più grandi società nel mondo dell’IT (la Atos Origin, forse la più grande a livello europeo), ha dichiarato che entro 18 mesi vuole (vorrebbe?) eliminare completamente l’uso dell’email per le comunicazioni interne. Il tutto perchè secondo alcune stime (sue?) lo staff spende settimanalmente tra le 5 e le 20 ore a leggere la posta elettronica e che solo il 10% di questi messaggi sono utili.

    E come dargli torto?

    Secondo Breton  (altro…)

  • Non è sempre colpa degli hacker

    La vicenda di STUXNET ha acceso i riflettori sulla vulnerabilità di alcuni sistemi di controllo industriale, tuttavia i danni che possono capitare a questi sistemi non derivano sempre da attacchi informatici.

    ICS-CERT ha appena pubblicato un rapporto [PDF] sull’incidente verificatosi al sistema di distribuzione dell’acqua potabile dell’Illinois.

    In un primo momento si era temuto che il funzionamento anomalo di alcuni sistemi di pompaggio fosse riconducibile ad un attacco informatico conto lo SCADA che gestisce l’impianto e i giornali avevano dato ampio supporto a questa tesi.

    Dopo attente e competenti indagini, ICS-CERT non ha trovato le prove di intrusioni non autorizzate nei sistemi. Inoltre ICS-CERT ha escluso la possibilità ipotizzata dallo STIC dell’Illinois [PDF] (da non confondere con questo STIC!) che si fosse verificato un furto di credenziali nel corso dell’attacco informatico.

    Anche il DHS e l’FBI hanno escluso la possibilità che ci sia stato traffico informatico illegale riconducibile alla Russia o ad altri Paesi collegato a questo incidente.

  • L’ANAS non controlla la velocità dei veicoli

    Era un po’ questo quello che erano chiamati a fare alcuni ISP europei, che erano costretti a filtrare accessi a determinati siti con richieste spesso assurde [PDF, grazie a Stefano Quintarelli] da parte dell’autorità giudiziaria.

    Ogni tecnico o smanettone sa benissimo che qualsiasi azione diversa dalla disconnessione di un host dalla rete non è sufficiente ad isolare l’host perché ci sono dei metodi per aggirare qualsiasi altro blocco.

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  • Un Italiano, un Russo e un Francese

    Nel campo astronautico, ultimamente sono più le notizie di cui rammaricarsi, rispetto a quelle di cui gioire. Per questa ragione, ci pare importante segnalare un traguardo tutto sommato importante raggiunto dall’Europa e dalla Russia nel campo della collaborazione scientifica internazionale.
    Anche i giornali hanno dato spazio alla recente notizia del lancio di una Soyuz da Kourou con i primi due satelliti della costellazione per il cosiddetto programma In-Orbit Validation. Con la solita superficialità dei media generalisti, gli articoli si sono limitati a rettangolini in fondo a pagina 15 o giù di lì, celebrando questo Galileo senza spiegare cosa sia ed evitando accuratamente di discutere del razzo vettore.

    Partiamo allora dall’inizio per fare un po’ di chiarezza.
    Il razzo vettore Soyuz è un missile derivato direttamente dal primo ICBM della storia, il R-7 Semyorka, inventato in Unione Sovietica nel 1957.
    Pur trattandosi di un progetto molto vecchio, risulta essere estremamente economico ed affidabile. In conseguenza  a queste due caratteristiche, ha volato oltre 1700 volte, raggiungendo un picco di produzione nei primi anni ’80 di 60 unità all’anno. (altro…)