Categoria: Storie di geek

Storie di persone geek o di persone che si comportano come un geek

  • Un UPS non fa primavera

    Questo post scaturisce da una conversazione che ho avuto pochi giorni fa con un elettricista a proposito di come debba essere inserito un UPS in un impianto elettrico un e della utilità dei relativi accessori.
    Mi sono reso conto di una ignoranza generalizzata di come funzioni un UPS e di quali siano i suoi punti di forza e di debolezza: di conseguenza ho deciso di riassumere qui una serie di argomenti che ho usato per convincere il fornitore che il modo di fare che proponevo io fosse il migliore.

    Come prima cosa ci sarebbe da ribadire il concetto per cui, invece di essere il fornitore sedicente esperto nel campo, a suggerire al cliente (povero ignorante) le soluzioni migliori, per l’ennesima volta sono stato io a dovermi documentare, a dover trovare la soluzione giusta e anche a dover convincere l’altra persona della bontà delle mie conclusioni.
    Non ne usciremo mai.

    Premetto che quanto racconto qui di seguito si applica in prima battuta a una server room, ma i concetti che stanno dietro alla spiegazione sono idealmente applicabili a impianti di ogni genere, al limite anche a quello di un datacentre.

    Premesse

    UPS è l’acronimo della frase inglese “Uninterruptible Power Supply” termine che in italiano è normalmente tradotto come “gruppo di continuità“.
    Nonostante esistano molti tipi di questi apparecchi, basati su varie tecnologie, nella sua forma più basica è sostanzialmente una batteria che viene installata tra la fornitura di corrente e gli apparati da alimentare.

    Il suo scopo è quello di smorzare eventuali fluttuazioni di corrente che potrebbero rivelarsi dannose e di erogare energia anche in caso di blackout. A seconda dei casi, la quantità di energia immagazzinata è progettata per durare i minuti necessari al graceful shutdown delle apparecchiature collegata, oppure per permettere loro di funzionare anche per periodi di tempo lunghi senza corrente esterna.
    Le apparecchiature discusse sopra sono spesso quelle definite business-critical, ovvero che sono fondamentali per il funzionamento di una qualsivoglia organizzazione.
    All’atto pratico, sono spesso server e dispositivi di rete.

    A questo punto è chiaro quindi che un UPS è un apparecchio importante, anzi fondamentale, nella progettazione di una infrastruttura IT, ma molti pensano che sia il classico silver bullet: lo compro, lo installo, me lo dimentico e tutto andrà bene.
    Anche no, questo funziona solo nei film: un UPS non fa primavera!

    Reality check

    Per prima cosa bisogna rendersi conto di due fondamentali verità:

    • Lo UPS prima o poi si guasterà
    • lo UPS deve essere manutenuto e, dopo qualche anno, andrà sostituito

    Una volta fatto pace con queste due ineluttabilità, si può iniziare a ragionare su cosa serva intorno allo UPS per renderlo davvero efficace.

    Dopo aver installato il vostro UPS ed essere andati a letto tranquilli, una telefonata vi sveglia dicendo che nella vostra infrastruttura IT non funziona nulla. Cosa sarà successo? Strano sembra che non ci sia elettricità da nessuna parte. Seguendo i cavi e controllando gli apparati, si scopre che l’UPS è guasto!
    Ebbene, sì, succede. Ve lo hanno venduto come un apparato indistruttibile e invece è proprio lui a tradirvi. Tuttavia avete collegato tutti i vostri apparati alle uscite del UPS pensando di essere protetti e dovrete quindi ricablare tutto, riparare lo UPS e poi ricablare tutto di nuovo.
    Forse esiste una soluzione migliore?

    Certo che sì.
    Avrete notato che i vostri preziosi e costosi apparati di rete, così come i server e i NAS sono dotati di due (a volte anche quattro) prese elettriche.
    Invece di collegarle entrambe allo UPS, provate a collegarne una all’UPS e l’altra alla rete elettrica diretta: in caso di assenza di corrente da una delle due sorgenti, l’altra fonte continuerà a fornire energia, tenendo accesi i vostri apparecchi.

    Regola numero 1: in ogni rack ricordate di portare due alimentazioni, una dalla rete elettrica, l’altra dall’UPS.

    Sento già le proteste dal pubblico: molti apparati professionali hanno le due (quattro, sei, quello che volete) prese elettriche, ma molti non lo hanno!
    Classico è l’esempio del vostro Internet Service Provider che vi fa pagare un prezzo ragionevole per la vostra bella connessione a internet, ma che poi vi porta il router di fascia media con una presa elettrica e stop.
    Certo, è possibile avere il router della [inserite marca costosissima a piacere] con doppia alimentazione, ma vi costa millemila euro al mese in più.

    Grazie, no.
    Quei mille euro li investo veramente, ma non in un router che dite voi, bensì in una cosa molto più utile: uno Automatic Transfer Switch.
    Un ATS è un apparecchio intelligente che ha due alimentazioni e una o più uscite.
    Avrete forse intuito che le due alimentazioni vanno collegate, una alla rete elettrica pubblica e l’altra allo UPS.
    Alle uscite del ATS si collegano i vari apparati dotati di singola presa elettrica e il commutatore si occupa automaticamente di passare da un’alimentazione all’altra quando una viene a mancare. Una serie di condensatori fanno si che l’alimentazione non fluttui nelle frazioni di secondo necessarie per commutare.

    Regola numero 2: investite in un ATS e usatelo per alimentare gli apparati low end, dotati di singola presa elettrica.

    Quindi dobbiamo alimentare lo UPS, alimentare gli apparati con doppia sorgente elettrica e alimentare lo ATS.
    Siamo a posto, finito?

    Non esattamente, manca in effetti un tassello, forse meno importante, ma comunque da considerare.
    L’ultimo componente da considerare è il cosiddetto maintenance bypass, un apparecchio che consente di “aggirare” lo UPS per permetterne la manutenzione o addirittura lo smantellamento.

    Ricordiamo che lo UPS è un apparecchio elettrico che, non solo è alimentato spesso a corrente trifase, ma che contiene anche una discreta quantità di energia (normalmente chimica) e quindi va trattato con attenzione.
    Alcune azione manutentive richiedono lo spegnimento, inoltre l’apparecchio ovviamente si può guastare in maniera catastrofica o semplicemente raggiungere la fine della sua vita operativa, necessitando smontaggio completo.

    Il bypass ha la funzione di prelevare la corrente dalla rete, trasmetterla al UPS, dopodiché prenderne l’uscita “protetta” e distribuirla al carico.
    Il lettore avrà già capito che, agendo sugli opportuni comandi, il bypass permette di scegliere se “tagliare fuori” lo UPS dal circuito elettrico distribuendo la corrente di rete a tutti gli apparati a valle.
    Effettuata questa operazione, lo UPS può essere testato, riparato o eventualmente sostituito senza disturbare il carico.

    Di nuovo sento una protesta: se i miei apparati hanno già doppia alimentazione oppure alimentazione tramite ATS, cosa mi serve avere un bypass che, in caso di guasto al UPS, non fa altro che distribuire due volte la corrente di rete?
    Fondamentalmente corretto, ma non considera la Legge di Murphy: nel momento in cui una delle due alimentazioni non è disponibile l’altro alimentatore potrebbe avere un guasto, mandando quindi a gambe all’aria la ridondanza.

    Regola numero 3: investite in un maintenance bypass e fate in modo che si possa isolare lo UPS in qualsiasi momento.

    Pessimismo?

    Pensate che sia pessimista?
    Permettetemi un aneddoto.
    Dopo 10 anni di onorato servizio, causa mancanza di parti di ricambio e impossibilità a prolungare il contratto di assistenza, ho dovuto programmare la sostituzione di un UPS. Grazie a tutto quanto scritto sopra, è stato facile isolare l’apparecchio in una normale giornata lavorativa senza interrompere l’operatività.

    Tutto bene e tutti contenti, ma cosa capita a metà del lavoro? Si verifica un black-out e, essendo lo UPS ovviamente smontato e fuori linea, si spegne tutto.
    Avrei dovuto avere due UPS in modo da fare manutenzione alternata, ma che probabilità c’era che succedesse una cosa del genere?
    Piccolissima, eppure è successo.

    Anything that can go wrong, will go wrong

    Conclusioni

    Riassumendo, quando si progetta un impianto elettrico per centri dati (di ogni dimensione) è opportuno ricordare:

    • Una alimentazione dalla rete per apparecchi con ingressi ridondanti
    • una alimentazione per un apparecchio ATS
    • una alimentazione per un maintenance switch (che poi la erogherà al UPS)

    Bisognerà poi distribuire:

    • L’alimentazione del ATS agli apparecchi con una sola presa
    • l’alimentazione del maintenance bypass (che la prende dalla rete o dal UPS) agli apparati con due prese
    • la stessa alimentazione di cui sopra all’ingresso del ATS

    Spero di avervi convinto che, anche in questo caso, esiste un modo giusto è un modo sbagliato per progettare una soluzione di alimentazioni ridondante.
    Quella giusta sembra più cara e più complicata. Alla lunga si rivelerà quella più flessibile.

  • Tanto rumore, tanta strada da fare

    Il lettore minimamente interessato di tecnologia non potrà non aver sentito parlare di Chat Generative Pre-trained Transformer, ChatGPT, un cosiddetto “chatbot” balzato agli onori della cronaca da poche settimane per la sua prodigiosa “intelligenza”, se così vogliamo dire.
    In questo articolo racconterò di un paio di interessanti avventure con questo sistema senza soffermarmi troppo sulle basi, chi avesse bisogno di una infarinatura, invece, può leggere l’articolo su Wikipedia oppure guardare l’ottimo video di Matteo Flora .

    Oltre ad avere impressionati capacità di conversazione, ChatGPT è noto per dare anche consulenza (pareri, suggerimenti, chiamateli come volete) professionale, è inoltre in grado di scrivere codice in vari linguaggi di programmazione in base a richieste fatte in linguaggio naturale. Esploriamo qui di seguito un paio di esempi su questo tenore.

    (altro…)
  • Un tricorder “funzionante”

    Chris Barrett ha avviato un progetto open per realizzare un tricorder funzionante basato su quello di The Next Generation.

    Continua a leggere
  • Font dimenticato rinato grazie a Star Wars

    La voglia quasi maniacale di identificare e decodificare ogni scritta apparsa nei film di Star Wars ha portato Ender Smith di Aurekfonts a riconoscere finalmente le scritte di una delle scene finali di Episodio IV:

    (c) Lucasfilm Limited

    La domanda è: cosa c’è scritto sotto l’immagine del X-Wing e in che font è la scritta?

    La Forza è con te, continua a leggere
  • Come fare (becera) disinformazione in 6 righe

    Faccio subito una doverosa premessa: nel mio piccolo investo parte del mio tempo libero per combattere la disinformazione, incluso l’andare nelle scuole per aiutare i ragazzi a cercare di sviluppare un pensiero critico che permetta loro di non cadere nelle numerose trappole della disinformazione. Lo faccio a nome sia di Pro-Test Italia (di cui faccio parte del direttivo), sia del Patto Trasversale per la Scienza (dove sono il coordinatore del gruppo di comunicazione nelle scuole). Ed è proprio per questo che questa cosa l’ho presa sul personale.

    (altro…)
  • Maria Clotilde Pini

    Poche ore fa abbiamo dato l’ultimo saluto a mia prozia, Maria Clotilde Pini, alias la Signorina Pini, alias la Pini, alias Pini (come la chiamavano i bambini), alias Zia Tilde (come la chiamava la mia famiglia), allieva diretta di Maria Montessori.

    A quest’ora, in giro per il web potete leggere della serie di qualifiche e raggiungimenti che la contraddistinguono. Nel suo campo era una celebrità.

    E cosa posso aggiungere io a ciò che si legge in giro per il web? E che c’entra il sito web di SIAMO GEEK?

    (altro…)
  • Chiudi il ticket!

    Nella mia carriera IT mi è capitato nel corso degli anni di occuparmi di supporto agli utenti in prima persona.
    L’ho fatto, lo faccio, coordino e collaboro con persone che fanno questo esclusivamente o come parte del loro incarico in diversi Paesi.

    Ho visto negli ultimi vent’anni grandi modifiche e un supposto progresso nel modo in cui è gestito.
    Succedeva più spesso anni fa, ma è ancora così in molte realtà, che il supporto fosse fatto in maniera quasi informale: gli utenti contattavano qualcuno che lavorasse “con i computer” e chiedeva aiuto. La persona in questione poteva aiutare se trovava tempo e se aveva la competenze necessarie.
    Poteva a volte ignorare l’utente se lo riteneva (a torto o a ragione) non degno della sua attenzione e del suo tempo.

    In aziende più grandi e strutturate, e anche in aziende più piccole con il passare degli anni, il ruolo di supporto ha aumentato la sua importanza e, insieme a questa crescita si è sempre più specializzato e strutturato.

    Le declinazioni pratiche di questo argomento sono molteplici, ma la struttura basica non cambia di molto.

    (altro…)

  • WikiTrek

    WikiTrek è un sito in italiano che continua il lavoro interrotto da HyperTrek.

    Luca Mauri ha già illustrato come abbia deciso di addossarsi l’onere della non semplice conversione da HyperTrek (software ad hoc) al formato Mediawiki.

    I problemi della conversione sono stati tanti, inclusa la dannata licenza, ma ieri Luca ha annunciato di aver completato la migrazione dei contenuti di HyperTrek.

    Dal mio punto di vista, fa molto piacere vedere che HyperTrek continua a vivere in un’altra forma. Facendo due conti siamo al quinto formato: Norton Guide, Windows Help, HTML, PHP+MySQL e ora MediaWiki.

    Due parole sulla licenza: fin quando ho iniziato il lavoro il mio schema di licenza è stato «prendete, diffondete, aiutate se volete, non rompete le scatole». Anni fa qualcuno di Wikipedia Italia voleva usare i contenuti di HyperTrek, ma non avrebbe potuto farlo se non avessi dichiarato la licenza GNU Free Documentation Alliance, cosa che è avvenuta. In seguito Wikipedia ha aggiornato la propria licenza a Creative Commons, ma HyperTrek è rimasto con la vecchia licenza. Luca ha dovuto gestirsi anche questa grana formale della licenza (come se non bastasse il resto).

    Prossimamente ogni pagina di HyperTrek conterrà un link esterno alla pagina omologa di WikiTrek, Luca ha già fornito la tabella di raccordo, devo solo caricarla in HyperTrek.

    Ora tocca a WikiTrek: è sua la gestione dell’archivio, sarà lui a guardare verso il futuro e a creare nuove leggende (e magari a non aver paura delle ombre…)

    Se avete un attimo di tempo, andate su WikiTrek e collaborate anche voi.

  • And the sky’s the limit

    Questo è un crosspost su SiamoGeek e sul blog di WikiTrek.
    Articolo aggiornato il 2017-11-12.

    Senza senza essere un supereroe dei fumetti o del cinema, anche per le persone normali esistono avventure che durano una vita.
    L’avventura più antica che io ricordi è di essere un Trekker: letteralmente non ricordo un momento della vita in cui non sia stato appassionato della serie TV e, di conseguenza, dello spazio, della tecnologia e dell’esplorazione.
    Una avventura, connessa a questa passione, che ho vissuto per molti anni è stata collaborare con un bel gruppo di fan a un progetto che si chiama HyperTrek (e che, nella sua lunga storia, si è chiamato in tanti altri modi).

    L’anno scorso Luigi ha scritto un post a proposito di HyperTrek che a prima vista poteva sembrare innocuo, ma che ha piantato un paletto nel cuore di molti di noi con la frase

    È assai difficile che nell’immediato futuro HyperTrek venga aggiornato con regolarità.

    Per me – e forse anche per altri – questa è suonata come una vera e propria  wake-up call: il segnale che era arrivato il momento di prendere per mano il progetto e non lasciarlo morire. (altro…)

  • Buttate le televisioni 

    Buttate via le televisioni che avete e correte a comprare un OLED.

    Dico sul serio, non scherzo: se siete anche solo marginalmente interessati all’home entertainment, dovete fare un favore ai vostri occhi e passare a questa tecnologia.

    Il mio lettore abituale sa che non sono solito partire a spron battuto con affermazioni del genere e che è strano per me non girare intorno a un argomento per qualche riga del post, ma in questo caso non ne posso fare a meno.
    Ieri ho acquistato la televisione di LG 55B6V : non vi sto a tediare con lunghe discussioni e analisi tecniche che potete facilmente trovare su molti siti: vi consiglio, per dirne una, di leggere questa recensione su HD Blog.

    In questo post vi racconto solo cosa ho visto e come l’ho visto.

    (altro…)

  • Sotto stretta sicurezza

    In questo blog si è parlato in abbondanza di HTTPS e a piena ragione: la sicurezza dei nostri dati è una cosa importante che non va presa alla leggera.
    Non ci stancheremo di ripetere che la privacy è un diritto di tutti e, di conseguenza, è un dovere della comunità IT fare tutto il possibile per renderla tecnicamente fattibile.

    Il protocollo HTTPS è un passo in questa direzione: Google non è stata la prima a impegnarsi in questo senso, ma il suo peso specifico nel panorama tecnologico fa sì che ogni suo movimento sia il più rilevante, nonché quello che riceve la più ampia risonanza.
    Questo post sul loro blog di sicurezza ha fatto notizia ed è una delle dichiarazioni giustamente più citate.
    In particolare, mi piace focalizzare l’attenzione sulla immagine che mi sembra la più rappresentativa: un giorno tutte le pagine HTTP saranno trattate come Not secure. Ovvero, non sarà più HTTPS a essere una sicurezza in più, ma HTTP a esserne una in meno! (altro…)

  • Site survey, fatta in casa

    Che la connessione in mobilità sia un argomento imprescindibile nel discorso informatico è ormai un dato di fatto.
    In luoghi chiusi dotati di connettività in banda larga, trovarsi una connessione Wifi è più una normalità che una stranezza: se, fino a una manciata di anni fa, anche per una azienda non era strano non avere copertura WiFi in tutti gli uffici, ora sembra impensabile non poter navigare dal lavandino del bagno.

    Le connessioni radio sono per loro natura soggette a interferenza ed è importante che gli access point WiFi vengano posizionati in luoghi ottimali e in numero sufficiente. Per effettuare questa valutazione è possible affidarsi alla intuizione e alla sorte, se si vuole, ma è preferibile invece affrontare il problema in maniera scientifica.

    Ecco che negli ultimi anni sono diventate quasi imprescindibili le WiFi Site Survey. Si tratta, riassumendo, di una attività che normalmente viene fatta piazzando AP in posizioni strategiche nel luogo che si vuole valutare, effettuando modifiche sulla copertura della rete camminando con uno strumento di misurazione, riposizionando o aggiungendo se necessario gli AP e ripetendo il processo.
    La site survey serve ad assicurare prima di tutto una copertura sufficiente della superficie di lavoro, dopodiché una misura della qualità del segnale da comparare con le necessità di banda degli utenti.

    Alcuni sedicenti Professionisti IT prendono sottogamba tutto questo processo e semplicemente piazzano qualche AP agli angoli sperando che tutto vada bene.
    Altri invece si affidano solo ad aziende che effettuano questo lavoro in maniera professionale con strumentazione dedicata.

    Io da qualche anno faccio parte della seconda categoria, per prima cosa perché penso che ognuno debba fare il proprio mestiere specifico, consegnarne il risultato al cliente ed essere pagato come si deve. In secondo luogo perché ero stanco di sentire gli utenti lamentarsi che qualsiasi cosa non funzionasse a causa del WiFi “insufficiente”.

    Recentemente, però, mi è capitato di dovermi occupare di un appartamento privato disposto su due piani dove integrare una infrastruttura IT necessaria oltre che per l’intrattenimento domestico avanzato anche per qualche applicazione che ricade nella fascia cosiddetta Small Office / Home Office.
    Oltre a una piccola zona tecnica dedicata e al classico cablaggio strutturato (argomenti di cui potremmo forse parlare in futuro) il WiFi è stato ovviamente un argomento di discussione per il quale mi sono chiesto: se la site survey ha senso in un ufficio, perché non in una casa?

    Da qui in poi è una tipica Storia di Geek: a livello basilare, cos’è una site survey e come si affronta? (altro…)