Tag: giornalismo

  • Cosa dovrebbe fare un giornalista

    Solleticato da un post di Kazuma riguardante questo articolo dell’ANSA, ho provato a vedere quanto ci mettevo per capire quanto fosse fondato l’allarme suscitato dall’Associazione per la lotta all’elettrosmog che fa partire una causa al TAR del Lazio per costringere il Ministero della Salute a fare una campagna di sensibilizzazione.

    Il tutto parte del fatto che la IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha dichiarato che usare per 1.640 ore il cellulare aumenta del 40% il rischio di sviluppare un tumore al cervello.

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    Avendo qualche minuto (davvero non tanti) sono andato sul sito di IARC per ottenere qualche riferimento allo studio e ho trovato un documento intitolato “IARC CLASSIFIES RADIOFREQUENCY ELECTROMAGNETIC FIELDS AS POSSIBLY CARCINOGENIC TO HUMANS” in cui i campi elettromagnetici vengono classificati nel gruppo di rischio 2B, perché aumentano il rischio di sviluppare il glioma. In questo documento vi è scritto: “The Working Group did not quantitate the risk; however, one study of past cell phone use (up to the year 2004), showed a 40% increased risk for gliomas in the highest category of heavy users (reported average: 30 minutes per day over a 10‐year period).” – Il gruppo di lavoro non ha quantificato il rischio, tuttavia uno studio sull’utilizzo del telefono cellulare (del 2004) ha mostrato un aumento del 40% del rischio di sviluppare gliomi tra coloro posti più in alto nella categoria dei grandi utilizzatori (media riportata: 30 minuti al giorno in un periodo di 10 anni).

    Ora veniamo alla categorizzazione dei rischi. Nella pagina delle classificazioni viene mostrata la lista:

    AGENTS CLASSIFIED BY THE IARC MONOGRAPHS, VOLUMES 1–109

    • Group 1 – Carcinogenic to humans – 113 agents
    • Group 2A – Probably carcinogenic to humans – 66 agents
    • Group 2B – Possibly carcinogenic to humans – 285 agents
    • Group 3 – Not classifiable as to its carcinogenicity to humans – 505 agents
    • Group 4 – Probably not carcinogenic to humans – 1 agent

    Secondo questa lista, quindi, il gruppo di rischio 2B contiene gli agenti che possono far sviluppare cancro negli umani (non che probabilmente lo fanno, come il gruppo 2A, ma che hanno possibilità di farlo). Giusto per completare il giro della morte, andiamo a vedere il documento in cui vengono elencati i fattori di rischio. Scorrendo la lista troviamo: estratto di Aloe vera (per via delle aflatossine), acido caffeico e caffè, cloroformio, estratto di ginkgo biloba e cipria per il corpo a base di talco.

    Di sicuro il detto “il troppo stroppia” è sempre vero ma ora come ora gli studi dicono che i cellulari fanno male quanto il caffè…

  • Viviamo nel futuro

    Provate ad immaginare di sedervi alla scrivania la mattina con il caffè, accendere il computer e leggere i giornali del mattino

    Più o meno lo facciamo tutti (tutti noi che leggiamo o scriviamo le pagine di questo blog), qualcuno lo fa anche su dispositivi che dieci anni fa non esistevano nella forma attuale.

    Quelle parole però vengo dal video di un servizio giornalistico del 1981. Cosa stavamo facendo nel 1981?

    Nel 1981 (vado a memoria) stava nascendo il fenomeno degli home computer: tastiera, CPU, qualche migliaio di byte di RAM, un generatore sonoro e un modulatore per il collegamento alla TV. C’erano i primi videoregistratori, ma non erano ancora diffusi. In molti avevano ancora la televisione in bianconero perché in Italia le trasmissioni a colori esistevano da pochi anni.

    Nel 1981 la Hayes metteva sul mercato il suo primo modem con il set comandi AT, che sarebbe diventato poi lo standard ancora in uso adesso.

    In quegli anni a San Francisco qualcuno provava a far leggere il giornale da casa con un accoppiatore acustico, verosimilmente a 300 baud, che equivalgono a livello applicativo a meno di 30 byte al secondo. Il solo testo non formatto di questo articolo impiegherebbe 65 secondi per essere trasmesso. Secondo la giornalista, l’intero testo di un quotidiano veniva trasmesso in almeno due ore di collegamento (con le tariffe telefoniche a tempo); mantenendo l’ipotesi dei 300 baud sarebbero oltre 216.000 byte di testo.

    Va notato che nel servizio non si fa riferimento ad alcuna funzione di ricerca che, avremmo imparato negli anni successivi, è una delle funzioni killer dell’elettronico.

    Eppure adesso ci siamo in quel futuro del 1981; forse i giornali si sono già pentiti per aver fatto quelle sperimentazioni agli inizi degli anni 80. Adesso il giornalismo si interroga sul proprio futuro, a volte scrutando l’orizzonte e abbracciando un’ampia visuale, a volte osservandosi tediosamente l’ombelico.

  • Quaresima 2.0: a chi giova?

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    Non sempre mi piace quello che scrive il noto giornalista italiano Giuseppe Severgnini, però leggo i suoi articoli con una certa regolarità. Stamattina mi ha attirato la sua lunga apertura su La lettura, settimanale del Corriere della Sera dedicato alla cultura, ai libri e ai media in generale.
    L’articolo intitolato Sette giorni fuori rete tratta appunto del test effettuato dalle stesso autore di rimanere disconnesso da Internet per uan settimana.
    La riproduzione dell’articolo è disponibile anche sul sito del giornale.

    Severgnini inizia il 9 febbraio a spegnere 3G e WiFi sull’iPhone, a mettere un messaggio out-of-office sulla casella di posta elettronica e a consegnare l’iPad al figlio perché glielo sequestri.
    Come potrete leggere nell’articolo, nei giorni seguenti il giornalista cerca di darsi da fare utilizzando sempre la tencologia, ma senza collegarsi a internet.
    Fa delle telefonate, si fa mandare dei fax, guarda la televisione, si fa racconare dai colleghi quello che succede e si informa come si faceva una volta: aspettando il telegiornale delle 20:00.
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  • Senza Internet: chi per scelta chi per forza maggiore

    Sulla prima dell’edizione cartacea del Corriere di oggi c’è un richiamo ad un articolo interno il cui titolo è qui riprodotto.

    Come se non bastasse la versione cartacea, Beppe Severgnini ha riportato la sua esperienza anche in una pagina web.

    Da persona che ha a che fare ogni giorno con l’inadeguatezza dell’infrastruttura italiana, mi permetto di dire a Severgnini che il suo articolo suona un po’ troppo cyber-fighetto e se lo sarebbe potuto anche risparmiare.

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  • OGM, questi sconosciuti

    Prima di tutto è necessaria una premessa, una introduzione all’autore di cui andrò a parlare a breve.
    Spero che molti lettori di questo blog già conoscano Dario Bressanini, di professione Docente di scienze chimiche e ambientali all’Università dell’Insubria, ma noto al grande pubblico per altre ragioni.

    Da diversi anni, infatti è autore della rubrica di cucina “Pentole e provette” sulla rivista Le Scienze, così come del relativo blog “Scienza in cucina” sul sito dello stesso periodico.
    E’ inoltre un ottimo divulgatore,  autore di due libri sull’argomento nutrizione e tecniche agricole (con appunto gli OGM al centro della discussione) oltre che di un testo di giochi matematici.
    A parte la sua professione, è anche un appassionato sperimentatore dilettante, come si evince facilmente dai numerosi esperimenti in cui si cimenta a casa sua, puntualmente riportati nel già citato blog.

    Da un po’ di tempo avrei voluto scrivere qui un post sugli OGM, sulle loro caratteristiche e sulle infinite discussioni – che spesso nascono dalla disinformazione – che scatenano a ogni livello.
    Tuttavia mi sono reso conto che mai avrei potuto fare meglio di quanto Bressanini abbia già scritto.

    Non mi dilungo quindi con questa premessa e invece vi rimando a un post del suo blog in cui riassume tutta una serie di articoli e interventi su argomento OGM trattati in maniera del tutto obiettiva, chiara ed equilibrata.
    Non mi resta che augurarvi buona lettura.