Ho pensato a lungo se avessi dovuto raccontare e inserire questa storia nella serie Cos’è il genio, ma ho pensato che in quel modo ne avrei indubbiamente sminutio la gravità.
Premessa: l’azienda per la quale lavoro ha deciso di cambiare il fornitore che si occupa, da qualche anno, di archiviazione sostitutiva perchè, a fronte di una richiesta di aumentare il numero di documenti e di poter creare un sistema che ci permettesse di migliorare i rapporti “digitali” con i nostri clienti, l’esborso monetario richiesto era spropositato. La stessa azienda è, anche, uno dei più importanti player nel mondo della PEC e noi stessi ci serviamo (e continuiamo a farlo) da loro.
Fatto: dopo aver valutato e trovato un nuovo fornitore, ho raccolto tutte le informazioni (e firme) necessarie per poter inviare la disdetta. Scrivo, quindi, una email al responsabile (tra l’altro un ragazzo relativamente giovane) chiedendo di verificare se tutto fosse a posto e, soprattutto, di farmi avere il loro indirizzo di PEC così da poter inviar loro il tutto in forma ufficiale.
La risposta è stata: Va tutto bene. PEC? No, mandala pure via Raccomandata R/R.
Ammetto che mi aspettavo tutti i tipi di risposta sull’inesattezza dei dati da me raccolti, sulla forma della disdetta… su tutto. Ma non certo una risposta del genere. Fai quintalate di pubblicità sui tuoi servizi PEC e io devo mandarti una disdetta via raccomandata? Ma scherziamo?
Si parla di agenda digitale, tutti i politici cercano di riempirsi la bocca (e i programmi) con tutto ciò che possa avere a che vedere con l’informatizzazione… ma alla fine ci troviamo comunque a fare i conti con queste situazioni definibili con “siamo vecchi dentro”. Come possiamo pretendere di guardare ad un futuro meno burocratico, più organizzato se proprio coloro che dovrebbero fornirti gli strumenti necessari per muoverti in quella direzione non sono in gradi di accettarli loro stessi?
Abbiamo mandato la raccomandata. E abbiamo fatto bene.
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