Autore: Luca Mauri

  • Open Microsoft

    Microsoft, si sa, non è una azienda che abbia mai brillato per apertura o adesione agli standard. E’ una impresa che ha dominato il mercato per diversi anni prima con IBM e poi con con il cosiddetto “duopolio” Wintel; negli ultimi anni se la sta passando meno bene di una volta, complice l’arrivo sul mercato di piattaforme che ne hanno minato la posizione dominante (Linux, ma soprattutto applicativi chiave come LibreOffice), vecchi nomi che si stanno affermando con crescite a doppia cifra (Apple con Mac), una strategia internet perdente nei confronti di Google e la crescita di prodotti mobili a cui praticamente non ha opposto resistenza (Android, iOS, iPhone e iPad).

    Negli ultimi anni, tuttavia, Microsoft ha dimostrato di saper lavorare silenziosamente nella direzione giusta e chi la dava per spacciato si è sbagliato: l’azienda sta uscendo da un periodo buio e non è detto che la sua nuova incarnazione non sia più matura e tutto sommato migliore della precedente.
    Da pochi giorni Microsoft ha lanciato i suoi prodotti di wearable technology (tipo Apple Watch o Android Wear ): Microsoft Band ha dalla sua parte il vantaggio di essere multipiattaforma e, diversamente dalla concorrenza, non si pone come obiettivo solo dispositivi Windows Phone, come forse si sarebbe portati a credere, ma è compatibile con Android e iOS alla stessa maniera.

    Dal punto di vista tablet, pur essendo arrivata sicuramente tardissimo nell’arena dei gladiatori, dobbiamo ammettere che la terza generazione di Microsoft Surface sia un prodotto maturo dal punto di vista hardware che ha il grosso vantaggio di poter far girare una versione completa di Windows 8: con questo si realizza il sogno di potersi portare il proprio personal computer nel borsello e usarlo ovunque.
    Molto utenti ancora non si sono resi conto di questa rivoluzione copernicana: i tablet con Windows sono probabilmente meno veloci e meno sexy di un iPad o di un Galaxy Tab, ma sono 100 volte più versatili. Posso portare con me PhotoShop, o AutoCAD, o CorelDraw o Matlab o qualsiasi versione di un sistema di office automation io voglia, senza necessità di usare versioni ridotte o app con propaggini nel cloud: uso le applicazioni complete come sono abituato a fare dagli anni ’80.

    L’interfaccia delle varie incarnazioni di Windows, basata sulle Active Tiles è senza dubbio una rivoluzione rispetto ad altri OS ancora basati su icone statiche: almeno per quanto riguarda telefoni e tablet è probabilmente un punto di forza rispetto alla concorrenza che dispone di una interfaccia magari più “tradizionale”, ma meno versatile.

    Detto questo, l’argomento del post è in effetti l’ultima rivoluzione in casa Microsoft, annunciata questa settimana durante l’evento Connect(); riguarda VisualStudio e il .NET Framework.

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  • Incontro con una stella

    Vor der Landung wird ein geeigneter Landeplatz ausgewählt by DLR German Aerospace Center, on FlickrChe una sonda robotica sia atterrata sulla superficie di un nucleo cometario, ormai lo sanno anche i sassi, grazie anche a ottimi pezzi di giornalismo scientifico, come quello segnalato da kazuma qualche giorno fa.
    Dato che purtroppo nessun giornalista aveva tempo di studiare scienza a scuola, né ha tempo ora di leggere e interpretare due pagine sulla Wikipedia, vale forse la pena fare un breve riepilogo del lato scientifico dell’impresa.

    Ricordiamo che a sbarcare sul nucleo cometario della 67P/Churyumov Gerasimenko non è stata la sonda Rosetta, ma un lander che ha viaggiato inseieme a lei: Philae. La sonda ha ricevuto il nome dalla Stele di Rosetta mentre il lander ha preso il nome dall’Obelisco di File, un’altra opera d’arte che comprende iscrizioni in geroglifico egiziano e in un’altra lingua (greco antico) e che quindi ha contribuito alla decrittazione della antica lingua degli abitatanti delle sponde del Nilo.
    Contrariamente a quanto molti pensano, questa non è la prima volta che un manufatto umano entra in contatto con una cometa, ma è la prima volta che si esegue un atterraggio morbido: nel luglio 2005 già la sonda Deep Impact aveva infatti rilasciato una sonda sulla cometa 9P/Tempel che però era un impattatore e aveva come scopo produrre un cratere ed espellere detriti “freschi” per uno studio da parte della sonda madre.
    Philae, invece è una sonda progettata fin dall’inizio per atterrare in maniera controllata al nucleo, ancorarvisi ed effettuare ricerche scientifiche.

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  • Programmare con la rete

    Fino a pochi giorni fa non mi ero reso conto di quanto internet potesse essere utile anche come supporto alla programmazione.
    Tutti noi sappiamo che una ricerca su internet spesso è in grado di risolvere in maniera semplice e veloce un problema che affligge il nostro codice, magari da ore: senza reinventare la ruota tutte le volte — o per evitare di spaccarsi la testa su un problema (anche banale) già incontrato mille volte — è sufficiente quasi sempre fare una ricerca su internet e leggere un post su siti come l’ottimo Stack Overflow .
    Quello che io personalmente non avevo ancora realizzato è quanto utile possano essere i siti che permettono il sandboxing del codice e il test immediato: voglio parlarvi di due di questi siti che ho iniziato a usare recentemente, nella speranza che siano utili anche a voi.

    Non programmo sul web in maniera professionale, si tratta di poco di più di un hobby: quando ho iniziato mi sono rivolto verso ASP.net in maniera abbastanza naturale per poter riciclare le mie competenze in Visual Basic e C♯. Solo dopo un po’ di pratica mi sono reso conto che non avrei potuto prescindere dall’uso di JavaScript per applicazioni client-side versatili e molto pratiche da usare in un sito web.
    JS può essere scritto direttamente all’interno di una delle edizioni di Visual Studio, oppure con l’apposito modulo nel IDE open source Eclipse, ma entrambi i prodotti mi danno l’idea di un cannone con cui sparare alla proverbiale zanzara; almeno per quanto concerne il mio caso di applicazioni modeste in lunghezza e complessità.

    Uno strumento estremamente più utile e immediato l’ho invece trovato online: si tratta di JSFiddle un tool in cui si può direttamente editare il markup HTML, il codice Javascript e gli stili CSS e vedere immediatamente il risultato nella finestra del browser. Si tratta di un progetto un po’ più recente e meno famoso di JSBin, ma che io trovo più user-firendly.
    Con questo strumento si possono salvare i frammenti di codice e condividerli. I vantaggi sono evidenti: è possible pubblicare un semplice permalink non solo al codice, ma a un esempio immediatamente eseguibile e funzionate, tutto questo su Twitter, Faceboook su blog, forum e via dicendo.
    E’ uno strumento non solo utile al programmatore per farsi aiutare più semplicemente o per mettersi un po’ in mostra, ma anche alla comunità in generale in quanto consente di condividere codice e conoscenza in maniera veloce e completa. (altro…)

  • 3, 2, 1… #CommonMark

    Chiunque operi per lavoro o hobby nel campo dell’informatica, probabilmente condivide lo stesso rapporto di odio e amore verso i file in plain text : hanno innegabili vantaggi come la portabilità, la facile interoperabilità e la semplicità di creazione.
    D’altra parte, risultano spesso difficilmente leggibili e poco versatile, non disponendo di opzioni di formattazione, nè quelle basilari come grassetti e sottolineature, nè più sofisticati come ad esempio il supporto di hyperlink.
    Questi ultimi rimangono esclusività di editor di testi e di markup più sofisticati.

    Negli anni sono stati fatti vari tentativi prendere il meglio di entrambi i mondi e unire la semplicità di file di testo alla versatilità del testo formattato: uno dei più popolari è Markdown, inventato da John Gruber e documentato principalmente in questa pagina.
    Dalla sua nascita, Markdown è stato utilizzato in maniera molto ampia: come semplice metodo per pubblicare commenti, per scrivere file ReadMe e per documentare il codice con commenti inline .

    Tuttavia questo strumento è oggetto di molte critiche, prima di tutto per alcune sue carenze.
    Una parte della sintassi risulta ambigua nella pagina di definizione e l’implementazione originale di un interprete Markdown/HTML scritta in Perl — sempre da John Gruber — è risultato contenere numerosi bug.
    Un secondo problema di questo progetto è il modo autoritario e decisamente poco aperto con cui Gruber pretende di gestirlo, con il risultato di avere poco o nessun coinvolgimento della comunità e relativa mancanza di progressi nel migliorare lo standard o il codice della sua implementazione.
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  • Estensione esagerata

    Il funzionamento dell’informatica per gli utenti è spesso un mistero, più simile a magia nera che a tecnica. C’è da dire che molto spesso, chi lavora in ambito IT e si spaccia per professionista non fa altro che alimentare la confusione, invece di risolverla.
    In particolare, un argomento sempre ostico per l’utente è la questione della estensione del nome file: quella sigla poco comprensibile, succinta e spesso incomprensibile che segue il punto dopo il nome del file.

    Perchè sia lì, a cosa serva, come sia fatta e via dicendo spesso è un mistero ed è apparentemente complicato far capire alle persone il suo semplice funzionamento.
    Tutti sappiamo che, in Windows, l’estensione è un identificativo che, tramite una tabella di associazione, dice al sistema operativo con quale applicativo deve manipolare il file. Per la maggior parte degli utenti, invece l’estensione ha la proprietà magica di rivoluzionare il contenuto del file.

    Nei miei corsi, quando cerco di spiegare questo concetto, normalemente prendo un bicchiere di plastica con una etichetta bicchiere attaccata sopra e chiedo alla platea che cosa sia. Quasi tutti riescono a rispondere correttamente, identificando l’oggetto.
    Dopodichè cambio l’etichetta con una con scritto forchetta e ripeto la stessa domanda: di nuovo la maggior parte riesce a rispondere correttamente.
    Passo infine a chiedere perchè se il bicchiere non è cambiato, perchè un file dovrebbe farlo, semplicemente sostituendo una scritta attaccata sopra. (altro…)

  • Il bug che non ti aspetti

    Per chi lavora in ambito IT è una esperienza comune sentire un utente lamentarsi per un programma che ha un errore e non funziona correttamente.
    Per quanto il mondo informativo sia spesso oggetto di scherno, sappiamo che in generale gli applicativi vengono sottoposti a un debug abbastanza attento prima del rilascio e normalmente non contengono errori di grande entità, soprattutto in relazione alla loro complessità. Normalmente si tratta semplicemente di un utente che non ha mai letto il manuale e sta cercando di far fare al software qualche operazione in maniera scorreta.
    Tuttavia i bug esistono e se ne trovano anche in software blasonati.

    Settimana scorsa stavo scrivendo un frammento di codice che interpreta un feed RSS e crea tanti oggetti quanti sono i posts in modo da poterli manipolare all’interno della mia applicazione. Le proprietà dell’oggetto post nel mio applicativo sono fortemente tipizzate, quindi la classe post contiene una proprietà PubDate che rappresenta un oggetto di tipo DateTime. Dato che la data nel feed è semplicemente una stringa di testo, questa va sottoposta a una operazione di Parsing per essere identificata come una data.

    Questo è molto semplice da fare nel .NET Framework: la data nel feed è formattata in quello che è volgarmente definito RFC1123 (che in effetti si basa sullo standard ISO8601) e il framework mette a disposizione la funzione DateTime.Parse che fa tutto il lavoro di conversione dandole semplicemente come input la stringa di testo.

    Provo la funzione, tutto bene.
    Tutto bene fino a quando il software non arriva a processare la data Sun, 15 Mar 2009 22:02:44 +0000. (altro…)

  • Un altro viaggio nel #Cosmos

    https://www.youtube.com/watch?v=kBTd9–9VMI

    Molti di voi si ricorderanno l’originale programma Cosmos presentato  da Carl Sagan nel 1980. Si tratta di una serie che in 13 episodi copre un’ampia gamma di argomenti scientifici, tra cui l’origine della vita e il nostro ruolo nell’Universo.
    E’ stato trasmesso in 60 paesi e visto da un pubblico stimato in 500 milioni di persone e ha ispirato anche il libro omonimo.

    Forse non tutti sapete però che la serie sta per avere un seguito. Dopo diversi tentativi, infatti, la terza moglie di Sagan, Ann Druyan (che è stata anche coautrice dell’originale Cosmos), è riuscita nell’intento di riavviare lo show grazie all’aiuto dell’astrofisico Neil deGrasse Tyson e alla sostanziale mediazione di Seth MacFarlane.

    deGrasse Tyson è un grande comunicatore scientifico molto noto al grande pubblico soprattutto grazie ai suoi libri e alle sue numerose apparizioni pubbliche.
    Erediterà il ruolo che fu di Sagan e sarà il presentatore della nuova versione, potete leggere una sua intervista su Popular Science.

    Seth MacFarlane è forse più noto per le sue serie TV a cartoni animati, ma è anche una persona appassionata alla scienza e alla fantascienza. Ha donato propri risparmi per la fondazione de The Seth MacFarlane Collection alla Libreria del Congresso per conservare gli scritti di Carl Sagan e della moglie Ann Druyan. Il suo contributo è stato fondamentale per convincere i dirigenti della FOX a impegnarsi in questo progetto televisivo.

    Il regista (e uno dei produttori esecutivi) sarà una vecchia conoscenza dei lettori trekker: Brannon Braga.
    Seppur con alterne fortune, Braga ha partecipato come scrittore, produttore o regista di numerosi film e serie TV, fra cui tre delle quattro serie dello Star Trek moderno, 24, Terra Nova e l’ottimo – ma sfortunato – Threshold.

    Lo show debutterà il prossimo 9 marzo su Fox, con una replica il giorno successivo su National Geographic Channel.
    Incredibilmente, la serie arriverà in contemporanea anche nel nostro Paese: partirà infatti il 16 marzo su National Geographic Channel Italia.

  • Mal di testa vettoriale

    xmlMi sto dedicando in questi giorni a una revisione del mio sito web e sono incappato in un interessante problema la cui soluzione penso possa interessare gli altri geek.
    Dovevo inserire alcune icone social da utilizzare sia nella classica dimensione 32×32 pixel, sia in altre grandezze in pagine diverse. La soluzione iniziale a cui avevo pensato era salvare le immagini nella dimensione più grande necessaria e poi utilizzarle ridimensionadole dove servivano più piccole.
    Idea apparentemente buona, ma all’atto pratico non molto gradevole esteticamente: il layout engine del browser si occupa anche di scalare le immagini e applicare lo anti-aliasing dove necessario, ma i risultati visivi variano di molto. Mentre Firefox e Chrome fanno un lavoro abbastanza buono, Internet Explorer – guarda un po’ – fa una riduzione pessima; in nessuno dei tre casi, però, il risultato è ottimale.
    Tutte le immagini erano in formato PNG, quello che possiamo definire a grandi linee il GIF dell’informatica moderna: supporta, tra le altre cose, lo alpha compositing e la tavolozza RGB a 24bit. Non è adatto per la grafica professionale – dove dominano JPEG, TIFF e i vari formati proprietari – ma è perfettamente equipaggiato per fornire le grafiche decorative su internet.

    Per risolvere il problema della riduzione in maniera definitiva, avrei dovuto preparare immagini di diverse dimensioni a monte: un software di fotoritocco può rimpicciolire una immagine in maniera decisamente migliore rispetto a motore di rendering di un browser. In questo caso però avrei dovuto creare tante copie della immagine quante le dimnsioni di cui avevo bisogno.
    Ho quindi iniziato a ragionare su una soluzione diversa più pratica e, possibilmente, più geek. (altro…)

  • Meglio su carta

    Noi geek, forse più di ogni altra fascia della popolazione, siamo stati “vittime” del fenomeno e-book e dell’editoria elettronica in generale.
    I libri, le riviste – tutti i “documenti” in senso lato – in formato eletronico hanno semplicemente rivoluzionato il nostro modo di accedere alle informazioni. Con un e-reader o tablet delle dimensioni di un libro o una rivista, abbiamo accesso a una intera biblioteca di libri o a un abbonamento intero a quella rivista o a ogni altra pubblicata nel mondo.
    Con le connessioni radiomobili e la pervasività di internet, non è azzardato dire che possiamo quasi portarci l’intero scibile umano nel borsello.
    i documenti eletronici hanno anhe il vantaggio della multimedialità dell’aggiornamento continuo, della socialità nei segnalibri e nelle note a margine.

    Grandi vantaggi, utili per il lavoro, comodi da usare, piacevoli da fruire.
    Meno rifiuti, meno oggetti, meno energia impegnata nella produzione e nel trasporto.
    Eppure nessuno di noi, penso, è rimasto immune alla sensazione di aver perso qualcosa nel passaggio dalla carta al digitale.
    Una impressione sottile, una sensazione non sempre spiegabile a parole. Ci proviamo a volte avanzando qualche scusa sugli schermi retroilluminati o sulla carta digitale, ma forse neanche noi siamo convinti delle spiegazioni. (altro…)

  • Sarai abbastanza sveglio?

    Il libro Sei abbastanza sveglio per lavorare in Google è un testo molto illuminante.
    Come si può intuire dal titolo, tratta di due grandi temi: l’efficacia (o sarebbe meglio dire inefficacia) dei colloqui di lavoro tenuti come la maggior parte di noi li conosce e l’insieme di conoscenze scientifiche, spannometria e creatività necessarie a superare i test attitudinali che sempre più aziende (Google nel titolo è solo un esempio) propongono ai candidati.

    Oltre a scoprire molte cose sulle Risorse Umane e sul recruiting in generale, non vi nascondo che tutta la parte sui questionari sia la più interessante: prima di tutto per sfidare sè stessi a risolverli, poi per imparare come affrontare quelli troppo difficili.
    Spesso sono questionari lunghi e complicati che non tutte le aziende e i reparti si possono permettere: nel mio piccolo io sono spesso alla ricerca di domande o problemi possibilmente semplici da porre che non necessitino troppo tempo o risorse, ma che siano utili per capire velocemente e in maniera ragionevolmente affidabile le competenze e le abilità di un candidato. (altro…)

  • Linee di Nazca in chiave moderna

    ChinaNazca

    Scopro oggi da un articolo su Wired una serie di misteriose strutture nel mezzo del deserto nel territorio della Cina.
    Tramite Google Maps è possibile osservare queste strutture dallo spazio e, se “inquietanti” è una parola troppo grossa da usare, sicuramente sono misteriose, più che curiose e forse anche preoccupanti.

    La prima e più evidente è un apparente intrico di piste larghe approssimativamente 10-20 metri.
    Non è chiaro se siano cementate, imbiancate o se si tratta di roccia madre ripulita dal suolo. Apparentemente non c’è regoalrità nel disegno: alcune sono rette, altre frastagliate. Misteriosamente tutte iniziano e finiscono bruscamente, non rappresentano nessun percorso chiuso.
    A prima vista sembrano veramente delle moderne Linee di Nazca.

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  • Metti una volpe nel cellulare con #FirefoxOS

    FirefoxOSPassando davanti a un negozio di cellulari del nostro ex-monopolista di telefonia radiomobile, ho visto in vetrina un prodotto di cui avevo già letto, ma che pensavo fosse ancora di la da venire sul mercato; ovviamente mi sbagliavo e penso sia utile aggiornare anche altri Geek smemorati come me.

    Si tratta di un cellulare dotato del nuovo sistema operativo Firefox OS prodotto dalla Mozilla Foundation : in Italia per il momento questo apparecchio è distribuito in esclusiva da TIM (lo scopo di questo post non è pubblicitario e quindi non aggiungo nessun link, chi fosse interessato ad approfondire può fare una ricerca sul web per marca e modello: Alcatel One Touch Fire).

    Tutti sappiamo che Mozilla è nata da una costola di Netscape con lo scopo originario di dedicarsi allo sviluppo della versione opensource di Netscape Navigator nella forma di una suite integrata di nome Mozilla Application Suite.
    Per quanto questo ultimo prodotto non abbia mai avuto grande successo di pubblico, esattamente il contrario si può dire del successivo prodotto di Mozilla: Firefox il browser che, prima dell’arrivo di Google Chrome, riuscì finalmente a scardinare il monopolio di Internet Explorer non a colpi di carta bollata, ma, più coerentemente con il mondo dell’informatica, tramite una dotazione tecnologica che gli era in buona sostanza superiore da ogni punto di vista. Firefox OS nasce appunto dall’esperienza accumulata su questo browser. (altro…)