I metadati sono le informazioni che descrivono un insieme di dati.
Detta così, è una definizione che crea più dubbi di quanti non ne risolva. Prendiamo ad esempio una lettera scritta con un elaboratore di testi. Il contenuto e la formattazione della lettera sono l’insieme di dati, il nome del file, la data e ora di creazione e di ultimo aggiornamento sono i metadati.
Nell’informatica per anni i metadati sono stati largamente ignorati, sia perché i programmi non li gestivano sia perché non si sentiva la necessità di utilizzarli.
Quando la mole di documenti informatici è iniziata a diventare cospicua (vuoi per l’accumularsi dello storico, vuoi per l’uso preponderante del computer) è diventata sempre più pressante la necessità di catalogare i documenti elettronici in un modo tale da rendere semplice reperire un’informazione specifica.
So già che farò arrabbiare qualche fanboy Apple, ma questa vicenda, se non avesse risvolti tragici, ha del ridicolo.
iOS 6 Maps… a Londra
Il 10 dicembre 2012 la polizia di Mildura, che si trova nello stato di Victoria in Australia, ha diramato un importante comunicato con il quale chiedeva a tutti i guidatori che si recavano nella zona di prestare particolare attenzione a tutte le indicazioni fornite dai loro iPhone che erano stati aggiornati alla versione 6 del sistema operativo iOS.
La polizia, infatti, si dichiara estremamente preoccupata in quanto non esistono fonti d’acqua all’interno del Murray Sunset National Park e che le temperature possono raggiungere i 46°C mettendo in grave rischio la vita di chi si avventura in quell’area. Nei giorni precedenti al comunicato, infatti e come riportato proprio dalla polizia, sono state salvate almeno 6 persone, trovate senza nè acqua nè cibo e acqua da oltre 24 ore e, oramai, in preda a spasmi.
Il perchè di questo strano comunicato e il motivo per cui queste persone (e si spera siano solo queste) si siano avvenurate in una zona così pericolosa, è legato al fatto che per Apple la città di Mildura si trova, appunto, al centro del deserto del Murray Sunset National Park… a oltre 70Km dalla sua reale posizione.
Per potersi staccare dall’applicazione Google Maps, nel 2008 la casa di Cupertino lanciò in pompa magna un capriccioso, quanto presuntuoso, progetto, chiamato “Ground Truth”, per raccogliere, parole loro, “i veri dati cartografici mondiali” (come per dire che quelli dei loro competitors fossero sbagliati) utilizzando le informazioni che provenivano da fonti “affidabili ed autorevoli“.
Il risultato è stato disastroso e ha, tra l’altro, generato moltissima ilarità anche in rete, come il blog “The Amazing iOS 6 Maps” che raccoglie alcuni tra gli screenshot “più belli” proposti proprio da queste nuove mappe.
Magari tra qualche anno le loro mappe saranno diventate più affidabili, ma il resto del mondo continua a basarsi su società che da sempre fanno questo lavoro e lo fanno sicuramente molto meglio… a partire da Navteq, TeleAtlas e da chi, come Magellan, TomTom, Garmin (e anche le stesse Google e Microsoft) si basano sulle loro informazioni migliorandole e completandole.
Se dovete andare in giro in zone che non conoscete, non fidatevi mai dell’ultimo arrivato…
I computer sono oramai diventati il default gateway delle colpe quando qualcosa va storto.
Non fa nulla se i computer sono utilizzati dalle persone, se i software sono (dovrebbero essere) approvati dalle persone, se i dati sono caricati dalle persone, se la supervisione è affidata alle persone.
La colpa è del computer.
Così nessuno ha colpa, nessuno è responsabile, nessuno paga. Comodo.
Non chi ha omesso le verifiche, non chi ha firmato il verbale di collaudo del software, non chi non ha richiesto opportuni test, non chi ha steso il bando di gara, non chi ha approvato la fornitura. Loro no, il software sì.
Aggiornamento 11/12/2012 – Dai twit che leggo sembra che oggi la situazione non sia migliorata di molto. Maledetti software…
Anni fa quando i libri elettronici erano ancora qualcosa riservato a pochi smanettoni ci andava bene di tutto: TXT, HTML, PDF…
Adesso non possiamo più dire che non esistono standard per i libri elettronici: l’ePUB è un formato gratuito, aperto e ampiamente utilizzato, salvo eccezioni.
Molti autori o società regalano eBook in formato PDF (ne ho appena scaricato uno). Non sono altro che documenti Word (nel mio caso Word 2007) esportati o “stampati” in PDF.
Open Data è una delle parole chiave che riempiono le bocche di molte persone o amministratori.
Si tratta più di un concetto astratto che di un insieme di regole, la qual cosa lascia la mano libera alle più varie interpretazioni.
Per un amministrativo (o comunque un non-tecnico) la scansione bitmap di una pagina stampata messa online costituisce open data. Da un punto di vista tecnico questo esempio non è open data, ma una banale pubblicazione di un documento non elaborabile.
Appena Fox (schierata politicamente con i Repubblicani) prima ancora di CNN ha dato la vittoria a Obama, l’account di Twitter del Presidente uscente ha pubblicato questo:
I 78.000 RT sono stati catturati cinque minuti scarsi dopo il tweet, venti minuti dopo erano 232.000, con una crescita di 2.000 in una decina di secondi.
Faccio ancora fatica a pensare la medesima cosa da noi (inteso come comunicazione in senso generale, non voglio dare giudizi politici perché non è questo il contesto), ma ho speranza.
Un giovanotto, noto su internet come Morskoiboy, ha progettato una macchina da scrivere che converte ogni parola in un cocktail. Ogni tasto è collegato a una bottiglia contenente quello che sembra o liquore o succo di frutta (considerazione per fegati astemi?).
Vanno bene i concetti di no frills e low cost, ma ci dovrebbero essere dei limiti ragionevoli.
Questa mattina ho rinnovato un account di mail che devo avere per rispetto della legge e che acquisto dal fornitore che fa il minor prezzo. Insomma: la mailbox PEC per la mia società.
Una volta confermati i dati anagrafici e selezionata l’offerta desiderata (3 anni per la PEC meno cara) mi si è presentata davanti una videata di cui riproduco a fianco un pezzo.
Sfido qualsiasi programmatore a riuscire a far passare un software con un output simile senza essere, giustamente, coperto di insulti.
Come spesso accade per chi non punta all’iMmagine ma alla sostanza e che lavora per migliorare realmente il mondo e non per incrementare solo l’iNterfaccia del nostro ego, nessuno (meglio dire molto pochi) ha dato la notizia della morte di Stanford R. Ovshinsky a 89 anni, un mesetto prima del suo 90° compleanno.
Considerato da molti il “Thomas Edison dei nostri tempi“, il suo intento non era quello di dire a tutti di essere affamati e pazzi, ma di inventare qualcosa che potesse aiutare il vero progresso dell’umanità. E a differenza dei markettari, è morto senza proclami sui social network…
Qualcuno lo ricorda per la realizzazione meccanica, insieme al fratello Herb, di un modello di una cellula nervosa chiamata Ovitron, mentre altri lo ricordano per essere stato colui che ha inventato le batterie che vengono attualmente utilizzate all’interno delle moderne macchine ibride.
Siri, la tecnologia usata dagli utenti dell’iPhone per creare il contenuto delle schermate che vengono poi pubblicate su Internet, contiene anche del codice scritto da Michael Phillips, una persona che per 30 anni si è dedicato allo sviluppo di software di riconoscimento vocale.