Sul finire del secolo scorso si era creata quella che in seguito sarebbe stata chiamata la bolla delle dot-COM.
Come spiega la Wikipedia inglese, il modello di business delle dot-COM si basava sullo sfruttamento dell’effetto rete. Queste aziende operavano in perdita netta per costruire delle quote di mercato e offrivano i loro servigi in maniera gratuita con l’aspettativa di poter costruire una presenza di mercato tale che avrebbe consentito, in seguito, di applicare delle tariffe ai servizi. Sappiamo tutti come sia andata a finire.
A partire dall’esplosione della bolla dei tulipani del XVI secolo, ogni volta che si guarda indietro si sorride per la presunta facilità con cui si sarebbe potuta evitare la bolla.
Ultimamente Skype, 850 milioni di dollari di fatturato, è stata acquistata da Microsoft per 8,5 miliardi di dollari. Lo scopo della società di Redmond, che ha già messo le mani su Nokia, sarebbe di sfruttare i 663 milioni di utenti registrati di Skype per poter vendere servizi di telefonia integrata tra PC e rete mobile. Inutile ricordare che molti di quei 663 milioni di utenti usano Skype perché si telefona gratis e non è affatto detto che pagheranno allegramente Microsoft. Ricorda qualcosa?
L’IPO di LinkedIn ha fatto balzare alle stelle i prezzi delle azioni e, di conseguenza, il valore dell’azienda, che ora si colloca a oltre 20 volte il fatturato. Qualcuno dice che domani gli investitori potrebbero rinsavire e far tornare i prezzi delle azioni a livelli più ragionevoli. In questo caso il valore sarebbe la rete sociale costituita non da perditempo come quelle di Facebook o Twitter, ma da professionisti (prevalentemente del mondo ICT, va detto).
Speriamo solo che Fabrizio Galimberti non debba aggiungere un altro capitolo ad Economia e pazzia.
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