“È necessario che ci sia una normativa per il web, che non c’é. Al momento tutto ciò che avviene su internet non è sottoposto alla nostra giurisdizione. Il ricorso a strumenti nuovi è crescente e quindi ritengo che il Parlamento prima o poi debba esaminare la questione.”
Questa illuminante affermazione non proviene da un quaquaraquà qualunque, ma da Marcello Cardani, presidente di AGCom, ossia dell’autorità atta a garantire la corretta competizione degli operatori sul mercato e a garantire e tutelare le libertà fondamentali dei cittadini in alcuni settori come telecomunicazioni, dell’editoria e dei mezzi di comunicazione di massa. La stessa persona che, qualche giorno fa, aveva dichiarato quanto fosse necessario un intervento sui social network a difesa della par condicio ma che ora non ha gli strumenti per intervenire, concludendo con la frase “ma penso che prima o poi sarà inevitabile intervenire sul tema“. Alcune simpatiche proposte le ho trovate proprio in rete su questo bellissimo post di Fabio Chiusi su lNichilista.com, soluzioni a dir poco perfette per trasformare, come conclude poi l’autore, i social network in un qualcosa più simile alla rete cinese dove viene garantita la comunicazione (monodirezionale) e non la democrazia.
Poi leggi che la stessa AGCom che “garantisce” competizione e libertà impedisce agli organi di informazione di distribuire i sondaggi delle elezioni 15 giorni prima del voto, ma permette di farlo a pagamento tramite una app per iPhone/iPad… e allora capisci tante cose.
Prima fra tutte che siamo un paese con una fantastica capacità: riusciamo a mettere le persone sbagliate, assolutamente prive di competenze, al posto sbagliato: abbiamo a capo dell’AGCom una persona che dimostra non solo di non voler affatto pensare a tutelare le libertà nei settori, ma che non ha nemmeno la minima idea di che cosa si parli, di cosa sia e come funziona la rete.
E la seconda, la più triste, è che a sentire cosa dicono e propongono i “futuri player”, non vedo molta luce in fondo al tunnel.
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