Trovasi i server sfondati da un attacco informatico non è mai una bella cosa, ancora meno bella è quando si riceve la notizia dalla pubblicazione dei dati trafugati.Ma ci sono modi appropriati per reagire e ci sono reazioni scomposte.
Molte organizzazioni presenti su Internet sanno che un attacco informatico è tra gli eventi nefasti da mettere in conto e spesso ci sono piani di reazione già pronti che coinvolgono sia la parte tecnica sia la parte di relazioni con il pubblico e con i clienti/utenti.
Quando un’organizzazione politica vene sfondata e uno dei suoi membri tuona che il problema è la sicurezza informatica dell’Italia ha sbagliato tutto.
Innanzi tutto ha sbagliato perché la compagine politica a cui appartiene non è l’Italia.
In secondo luogo ha sbagliato perché la sicurezza dei server su cui sono registrati i dati del suo gruppo deve essere garantita ex lege dall’amministratore di sistema e dal responsabile della tutela dei dati personali (in questo caso si tratta di dati sensibili, trattandosi di politica). Se le persone scelte non sono all’altezza, non è un problema dell’Italia.
In terzo luogo sbaglia nel non ammettere una colpa e a dire, come ogni chiacchiera da bar, che la colpa è dell’Italia, quindi tutti colpevoli, nessun colpevole.
Sarebbe auspicabile che quando un gruppo politico serio, qualsiasi gruppo politico, subisce un attacco di questo tipo faccia condurre un’analisi ad un’entità terza, pubblichi i risultati assieme al piano di rimedio delle falle. Si tratta di dati sensibili di cittadini, non di un torneo di fantacalcio.
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