Il Decreto Sviluppo 2012 all’articolo 22 comma 10 contiene una modifica al comma 1 dell’articolo 68 del codice dell’amministrazione digitale che ridefinisce l’ordine di priorità con cui la Pubblica Amministrazione (PA) deve scegliere il software.
Il nuovo ordine di priorità è il seguente:
- software sviluppato per conto della pubblica amministrazione;
- riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione;
- software libero o a codice sorgente aperto;
- software combinazione delle precedenti soluzioni.
La modifica di cui sopra include anche questa frase: solo quando la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostri l’impossibilità di accedere a soluzioni open source o già sviluppate all’interno della pubblica amministrazione ad un prezzo inferiore, è consentita l’acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso.
In sostanza, la legge adesso stabilisce che l’adozione di software proprietario a pagamento è l’ultima delle opzioni disponibili e deve essere percorsa solamente quando, dopo valutazioni comparative, si è stabilito che le altre soluzioni non sono disponibili.
L’esperienza che ho nel lavoro con la PA mi suggerisce che è presto per cantare vittoria, in quanto è sufficiente che una feature del software proprietario che un Ente “vuole” acquistare sia dichiarata come necessaria per annullare gli effetti di questa norma.
È comunque un inizio ed è un buon punto di appoggio per quei responsabili informatici della PA volenterosi (e ce ne sono!) che sono stufi di pagare per licenze d’uso, ma che hanno bisogno di un “appiglio legale” per poter convincere i loro utenti che, alla fine Libre Office vale tanto quanto, se non di più, la vecchia versione di MS Office a cui l’utente è tanto affezionato. (via Stefano Quintarelli)
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