La figura oggetto di questo articolo è molto tipica della realtà distorta delle aziende italiane.
Uso questo termine, per certi versi fin troppo eccessivo, per definire quella persona a cui il dirigente/proprietario di un’azienda si rivolge per avere un’opinione.
Sia chiaro, non stiamo parlando qui di professionisti del settore, spesso associati a studi di consulenza aziendale, che svolgono ruoli molto professionali all’interno di grosse aziende. Questi sono veri professionisti e di seguito non si parla di loro.
Di solito il consulente direzionale in questione è amico della proprietà, di cui ha guadagnato una fiducia incondizionata, e svolge questo ruolo come secondo lavoro. Spesso la collaborazione è iniziata con un aiuto vero in cui il consulente ha dato un aiuto sostanziale e importante. La situazione si è poi calcificata al punto che la direzione/proprietà interpella il consulente per qualsiasi decisione che non riguardi il core business dell’azienda.
Il consulente, da parte sua, sente questa missione in maniera viscerale e fa di tutto per perseguire il proprio scopo. Peccato che la persona in questione non abbia spesso la competenza per prendere alcune decisioni e basa i suoi verdetti su conoscenze non oggettive (mi hanno detto che…, al telegiornale ho sentito che…, un mio vicino ha detto che…) o ribaltando la domanda che gli viene posta ai tecnici dell’azienda presso cui lavora per riportarne i verdetti lapidari dati velocemente per togliersi di dosso il collega che fa domande insensate.
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