Uno studio ha dimostrato che non è una bella idea verificare i certificati con chiamate alle librerie, ma è meglio delegare il compito a chi lo sa far bene, come il browser.
Il problema risiede nel modo in cui vengono utilizzate le API delle librerie, non si tratta, quindi, di una vulnerabilità intrinseca delle librerie medesime.
Secondo lo studio citato, le diverse API SSL espongono funzioni di basso livello e non offrono la possibilità di chiamare una serie di funzioni cappello con pochi e chiari parametri che permettono di effettuare la verifica di un certificato in maniera affidabile. Spesso i programmatori, vuoi per leggerezza, vuoi per poca informazione, interpretano male la documentazione delle funzioni e finiscono per commettere errori che espongono gli applicativi a vulnerabilità serie.
Un’ipotesi formulata dalla pubblicazione è che in almeno un caso, quello dell’applicazione Android di Chase Bank, la vulnerabilità introdotta a livello applicativo sia il retaggio di un codice di test che bypassa la verifica del certificato rimasto per errore anche nel codice finale. (via Bruce Schneier)
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