Di nuovo siamo costretti a discutere del difficile rapporto fra la PA e la tecnologia, in questo caso per quanto riguarda la “semplificazione” dei rapporti fra il cittadino e gli uffici amminsitrativi del nostro Paese.
Molti di voi avranno sentito parlare di Postacertificat@, nome volgare di un servizio ufficialmente chiamato CEC-PAC il cui acrostico è – in puro stile burocratese italiano – Comunicazione Elettronica Certificata tra Pubblica Amministrazione e Cittadino. Si tratta di un indirizzo di Posta Elettronica Certificata particolare: funziona infatti solo tra i privati cittadini e gli indirizzi PEC della PA, ed era fornito gratuitamente da Poste Italiane.
Il vantaggio di essere gratuita e disponibile per ogni cittadino, previa registrazione, avrebbe dovuto portare a una sua rapida diffusione e quindi a una larga utilizzazione eliminando così la mitica Raccomandata AR che ha fatto parte della vita di tutti noi per tanti anni.
D’altro canto, lo svantaggio di questa casella era quello di essere “zoppa” ovvero di poter comunicare solo con alcuni indirizzi specifici della PA.
Insomma, un guazzabuglio forse appena accettabile sulla carta, ma del tutto impratico nell’uso reale.
La necessità di contattare anche altre entità dotate di PEC oltre la PA e la costante riluttanza di quest’ultima ad abbandonare carta e bolli per sposare il digitale ha scoraggiato i cittadini a sottoscrivere la casella o ad utilizzarla una volta aperta.
Risultato: il cittadino continua a usare carta oppure si è aperto una PEC “vera” da usare anche con la PA.
La conseguenza di tutto questo è che la Postacertificat@ verrà progressivamente dismessa in favore della PEC “completa”. Sarà possibile richiederne una casella gratuita per un anno alla AGenzia per l’Italia Digitale, all’indirizzo richiestapec(at)agid.gov.it. Dopodichè diventerà presumibilmente a pagamento, anche se mi sembra di non riuscire a trovare molti dettagli in merito.
Vi riporto qui di seguito una infografica che riassume la situazione attuale e i prossimi passi verso la chiusura del servizio.
Questo servizio era chiaramente pensato senza avere una strategia ben definita e si è rivelato alla fine un enorme buco nell’acqua.
Ora il Governo, ci dice, recupera 19 milioni di euro (la gestione di questo servizio costava 19-MILIONI-DI-EURO?!): riuscirà con questi soldi a non ripetere per l’ennesima volta gli stessi errori e realizzare un concetto (prima ancora di una infrastruttura) ICT degno di questo nome?
Speriamo, per il bene nostro e della Cosa Pubblica, che Italia Login abbia più successo della CEC-PAC.
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