La diffusione di pagine acchiappa click (clickbait in gergo) è oramai un fatto verificabile.
All’inizio erano pagine di gruppi di persone truffaldine o di singoli con il miraggio del guadagno facile.
Ora, come ha rilevato Paolo Attivissimo, il comportamento è diventato sistemico e viene adottato anche da società che dovrebbero avere al loro servizio dei professionisti con una deontologia stabilita per legge.
Il fatto citato da Paolo è solamente la punta dell’iceberg: ogni giorno leggiamo sui siti dei quotidiani delle notizie che hanno il puro scopo di catturare i click degli utenti. E non tutte hanno foto di gatti.
Per le persone che non conoscono il funzionamento della pubblicità online giova spiegare chi siano i protagonisti
Abbiamo il visitatore, l’utente che fruisce del contenuto di un sito, a cui un click non costa nulla, a meno di non avere una connessione a consumo. Il visitatore è generalmente un attore inconsapevole di questo squallido teatrino.
Il secondo attore è l’inserzionista della pubblicità, che paga denaro per far conoscere il suo prodotto al mondo o per ribadire la presenza di un brand. Chiarisco che non sono contrario aprioristicamente alla pubblicità e la trovo, se rispettosa delle regole, un valido strumento commerciale.
L’inserzionista si appoggia ad un’agenzia per fare una campagna pubblicitaria e concorda con l’agenzia i modi, i tempi e i ritmi con cui un messaggio pubblicitario viene proposto al pubblico. Alcune volte l’agenzia conosce il meccanismo non proprio elegante del clickbait, ma lo considera parte del gioco, del resto se i click aumentano, significa che la campagna ha successo.
Ultimo ma non ultimo è il proprietario dello spazio in cui viene inserita una pubblicità; nel caso del web è il titolare di un sito, che sia un giornale, un’agenzia di stampa o un blog. Spesso questo attore non controlla il contenuto della pubblicità a livello fine, ma fornisce ad un’agenzia un contesto con un numero stimato di visualizzazioni e con una certa categoria di utenti.
Come avviene il gioco sporco?
Il gestore del sito pubblica pagine dal titolo accattivante o sensazionalista, con un contenuto editoriale praticamente nullo e con un sacco di spazi pubblicitari.
L’utente quadratico medio è attratto dal titolo citato da altre pagine o dai social, clicca sul link, visualizza la pagina e il gioco è fatto perché la visualizzazione della pagina aumenta di un’unità anche il numero di visualizzazioni delle pubblicità. Voilà!
Difficile dire in maniera assoluta chi sia vittima e chi malfattore: di certo le vittime sono gli utenti ignari e gli inserzionisti armati di buone intenzioni.
Ora che è noto il gioco un po’ sporco vediamo come difenderci.
La prima ovvia azione è cercare di non cadere vittime di queste porcherie: cercate di non essere tratti in inganno dal sensazionalismo, specialmente se di fonte incerta. La destinazione è visibile passando il mouse sopra un link: se il sito ha un nome dubbio, evitate di cliccare.
Se avete trovato una pagina con un contenuto falso o ingannevole e volete segnalarla a terzi utilizzate servizi come Archive.is o Donotlink.com in questo modo non aumenterete le visualizzazioni di quelle pagine.
Installate un sistema anti pubblicità (AD Blocker) sul browser che utilizzate. Se siete amministratori di rete, valutate l’opzione di bloccare i siti di pubblicità sul firewall perimetrale.
Siate vocali nel vostro disappunto. Mostrate ai diretti interessati il vostro dissenso in merito a questo gioco sporco, evitate i siti che abusano della vostra banda e delle vostre visite. Se conoscete una o più lingue straniere visitate i siti di notizie di altri Paesi (no, non la Bild o il Sun però!) per avere punti di vista alternativi a quelli italiani.
In alternativa, quando vedete un titolo a sensazione anziché cliccare cercate quelle parole su Google News per verificare se si tratta realmente di una notizia.
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