L’estate 2014 verrà probabilmente ricordata per l’estate dell’Ice Bucket Challenge, dove persone da tutto il mondo si sono “sfidate” a farsi un video mentre si versano un secchio di acqua ghiacciata in testa, tutto per promuovere la raccolta di fondi per combattere la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), la terribile malattia per la quale non si è ancora riusciti a trovare una cura. E così in rete abbiamo visto personaggi famosi e anche qualche amico compiere questa operazione “assurda” ma, soprattutto, abbiamo visto crescere il numero di donazioni a favore delle varie associazioni sia per il supporto dei malati che per la ricerca sulla SLA.
Come tutte questo genere di iniziative, che diventano virali in pochissimo tempo, anche questa ha avuto un gruppo ben nutrito (e purtroppo in crescita) di moralisti che non si sono limitati a rifiutarla, ma l’hanno criticata, chi più chi meno pesantemente, spesso partendo da presupposti assurdi o dimostrando grosse dosi di malafede ignoranza incoerenza. Premetto che anche io ho inizialmente criticato l’iniziativa, non conoscendone a fondo il background e le motivazioni legate alla modalità, pensando che sarebbe stato meglio una sfida sulla “donazione”… ma approfondendo maggiormente l’argomento e, soprattutto, guardando i risultati sulle donazioni dichiarate dalle varie associazioni, mi sono ricreduto e credo che questa iniziativa abbia realmente funzionato.
E la critica più comune che viene portata dai moralisti è proprio legata agli introiti derivati dall’#IceBucketChallenge ed in particolare nella grossa differenza che c’è tra quanto è stato raccolto negli USA e quello che è stato raccolto in Italia. E’ vero, forse noi italiani non siamo molto propensi a questo tipo di donazioni, anche perchè lo Stato non le invoglia come avviene in paesi come gli USA, ma pochissimi si sono presi la briga di verificare che quello che è stato raccolto ad esempio dall’AISLA in poche settimane permetterà alla stessa associazione di continuare a sovvenzionare anche il progetto quinquennale con l’AriSLA, l’associazione che si occupa della ricerca per una cura a questa malattia.
Purtroppo, però, il moralismo non si limita a questo e ultimamente si stanno moltiplicando “moralizzatori” che rifiutano di partecipare a questa iniziativa perchè loro “non sprecano l’acqua e non finanziano la vivisezione“. Si, avete letto bene: “non sprecano l’acqua e non finanziano la vivisezione“, forti anche di una testimonial, tale Pamela Anderson, fervente vegetariana ed animalista, che ha dichiarato che non vuole sovvenzionare l’inutile sperimentazione sugli animali.
Ma andiamo per gradi.
E’ vero: gettarsi un secchio di acqua ghiacciata addosso è un uso improprio di un bene prezioso, l’acqua e il fatto che questa cosa sia diventata virale ha certo generato uno spreco maggiore di acqua. Mi chiedo, però, quante delle persone che si lamentano di questo “spreco” siano così attente e sensibili nella loro vita privata, nella loro routine quitidiana, a questo argomento. Quanti, ad esempio, quando si fanno la doccia (o anche si lavano i denti) si bagnano, chiudono l’acqua, si insaponano e si lavano e riaprono l’acqua solo per sciacquarsi. Quanti mentre lavano i piatti non lasciano il rubinetto aperto durante tutte le fasi del lavaggio? Quanti sono attenti ad utilizzare meno acqua quando usano lo sciacquone del water… e magari hanno investito dei soldi per mettere quello doppio bottone che ne limita sensibilmente lo spreco? E, visto che buona parte di queste persone sono vegetariane/vegane per loro stessa ammissione, quante conoscono quanta acqua (e farina) viene sprecata per produrre uno dei cibi che loro utilizzano spesso: il seitan? Quante, poi, hanno mai criticato le esultanze delle partite di Football Americano, Basketball e anche calcio dove, oramai da molti anni, al termine della partita all’allenatore vincente viene versato un bidone di acqua gelata in testa? O quante hanno fatto campagne per vietare la vendita delle pistole e fucili d’acqua per i bambini?
Diverso è il discorso sulla “vivisezione“. Diverso perchè qui entrano in ballo oltre all’incoerenza, anche l’altro aspetto dell’ignoranza e della presunzione. E voglio proprio partire da questa tale Pamela Anderson, “fervente animalista e vegetariana” che si rifiuta di dare soldi a chi fa “test sugli animali” per cercare una cura alla SLA. Già. Incoerenza perchè nonostante fosse vegetariana sin dall’adolescenza e si battesse sin dalla fine degli anni ’90 per la PETA (si, quella PETA, quella che si dichiara a favore degli animali uccidendoli) non ha esitato ad utilizzare i farmaci studiati e testati anche grazie alla sperimentazione sugli animali per curarsi dall’Epatite C che l’ha colpita nel 2002 ma, soprattutto, non ha nemmeno avuto alcuna esitazione a sottoporsi ad alcuni interventi di chirurgia estetica, interventi dove i prodotti utilizzati sono stati anch’essi studiati e testati anche grazie alla sperimentazione sugli animali.
Ora i casi sono due: o è assolutamente ignorante in materia e, in questo caso, dimostra di aver fatto delle affermazioni senza la benchè minima conoscenza dell’argomento di cui parlava e solo per farsi un po’ di sana e gratuita pubblicità… oppure è in totale malafede e avvolta da un alone di egoismo assurdo: la sperimentazione sugli animali va bene se serve per salvare la mia vita o per permettermi di avere un aspetto migliore, ma va combattuta se viene usata per provare a salvare altre vite umane.
Associare “vivisezione” alla “sperimentazione sugli animali” è un segno (ovviamente dal mio punto di vista) di ignoranza e mi piacerebbe sapere quante delle persone che citano continuamente questa analogia utilizzino solo ed esclusivamente farmaci (o anche solo prodotti) che sono realmente derivati da metodi sperimentali che non coinvolgano gli animali… anche indirettamente. Già perchè forse non tutti sanno che alcuni dei prodotti che orgogliosamente scrivono sulle confezioni “non testato sugli animali” in effetti contengono a loro volta degli ingredienti che sono “utilizzabili” anche grazie ai test che in passato sono stati fatti sugli animali.
E, a dire il vero, anche alcuni dei prodotti omeopatici che spesso vengono utilizzati da queste persone derivano dagli animali (il famoso oscillococcinum deriva dal cuore e dal fegato di anatra, e l’apis mellifica è un estratto ottenuto per macerazione delle api in sostanza alcoolica).
Sono (e mi vanto di esserlo) un informatico e non uno scienziato.
Ma proprio per questo non riesco proprio ad associare la sperimentazione sugli animali alla vivisezione, soprattutto in ambito farmaceutico. Certo non è piacevole sapere che ci sono animali che vengono utilizzati per studi il cui scopo è quello di trovare medicine, che, in alcuni casi, non solo servono per l’uomo, ma possono anche servire anche ad altri animali. Ma ci saranno dei motivi per cui meno dell’1% di scienziati sono contrari alla sperimentazione animale e quelli contrari a detta di esperti “sono ‘clinici’, cioè gente che lavora con i pazienti e con gli studi epidemiologici, ma non ha la più pallida idea di cosa abbia portato a quell’insieme di conoscenze/tecnologie/strumenti che utilizza (come se uno facesse l’autista e sostenesse che il lavoro di chi progetta le auto è inutile), oppure sono quelli che io chiamo i ‘teorici’: gente che lavora su modelli matematici, simulazioni e teorie ben lontane da qualsiasi applicazione pratica e che è convinta di avere la soluzione magica per comprendere tutto“. Inoltre mi piacerebbe conoscere realmente quali siano quei metodi alternativi di cui spesso si parla. Ma non ho mai trovato uno, dico uno, che mi abbia citato non solo una ricerca a stadio avanzato, ma anche qualche risultato tangibile di questi metodi alternativi.
Non solo, ma spesso mi capita di vedere contatti diretti ed indiretti su Facebook postare assurde foto (molte delle quali molto datate o facilmente riconducibili a film o ad altri contesti recuperabili anche semplicemente con Google Image Search) spacciate per quello che succede in uno stabulario. Mi chiedo ma queste persone abbiano mai messo piede in uno stabulario anche solo per approfondire le vere e reali modalità su come viene effettuata la sperimentazione sugli animali, magari conoscendo personalmente e scambiando qualche parola con chi porta avanti proprio le ricerche e lo scopo delle stesse?
Su questo argomento consiglio la lettura di questi 2 articoli estremamente interessanti: Come nasce un farmaco? Il ruolo della sperimentazione animale e Perchè ricerchiAmo sugli animali: le basi.
Ah… per quelli che si pongono la domanda… si, ho dedicato un pomeriggio per visitare uno stabulario e parlare proprio con chi fa ricerca lì dentro.
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