Lo dico subito: NO. Amburgo non ha vietato l’uso delle capsule del caffè e forse è il caso di fare un po’ di chiarezza.
Poichè da oltre un anno trascorro per motivi lavorativi diversi giorni al mese ad Amburgo sono diventato piuttosto curioso quando mi cade l’occhio su post o articoli che hanno a che vedere con questa città, aumentando quindi le probabilità che li legga, anche quando le fonti non sono tra quelle che considero attendibili.
L’ultimo esempio risale a qualche giorno fa, quando la mia attenzione è stata colpita da questo titolo: “Amburgo mette al bando le capsule del caffè: ‘Sono troppo inquinanti’“. Il connubbio tra la città e il caffè in capsula (“Nespresso, what else?”), ha avuto il sopravvento sulla fonte, Il Giornale, dalla quale non credo di esser mai riuscito a ricavarne molto a livello informativo (e anche questa volta non sono stato smentito, nda). L’articolo è piuttosto striminzito (meno di 1000 caratteri) e ben lontano dal confermare il messaggio che viene sbandierato nel titolo, anzi. La frase “Ora tuttavia la città di Amburgo ha deciso di fare qualcosa in merito, mettendo al bando le macchinette negli edifici dell’amministrazione comunale.” rende ancora più fumosa l’intera notizia.
Cosa significa esattamente? Che è stato posto un bando cittadino sulle capsule di caffè come indicato nel titolo o sulle macchinette (e quali?) negli edifici pubblici come indicato nel testo? E questo bando significa che non le si possono più comperare o non le si possono più usare?
Per riuscire a trovare qualche informazione seria, ho provato a seguire il link fornito che mi ha portato ad un articolo con un titolo (“Single-use coffee pods are so wasteful, some cities are banning them“) nettamente più coerente al messaggio contenuto nel testo. Qui ottengo un dato in più, ossia un riferimento ad un bando di alcuni prodotti inquinanti, tra cui le capsule di caffè, limitato però agli uffici comunali. La fonte riportata è un articolo della BBC che non contiene nel titolo (“Is there a serious problem with coffee capsules?“) alcun richiamo a un eventuale bando, tantomeno ad Amburgo. Nel testo , però, viene riportato che la città tedesca “has banned coffee pods from state-run buildings as part of an environmental drive to reduce waste“. Purtroppo in questo caso non vi sono fonti precise e la ricerca sembra finire qui senza fornire alcuna informaziona atta a confermare questa affermazione. E nonostante la BBC possa essere considerata una fonte piuttosto seria, la mancanza di ulteriori riferimenti non cancella i dubbi.
Mi sono quindi rivolto all’amico Google senza avere però troppa fortuna, almeno in Italia. Escludendo i numerosi siti esca (quelli che riportano solo le notizie degli altri siti immersi in qualche quintale di pubblicità), pochissimi hanno dato spazio a questa notizia e tutti partendo solo dai due articoli sopra citati, ossia il quello di Quartz e quello della BBC. Quest’ultima risulta, ad esempio, essere la fonte per Rai News che, comunque, ridisegna il titolo puntando sempre sull’unica notizia non verificata: “Capsule del caffè troppo inquinanti, Amburgo le vieta“. Un’altro sito, L’Internazionale, dice di aver tradotto l’articolo di Quartz ma senza dare alcuna spiegazione del perchè ne viene stravolto il titolo trasformato, tanto per cambiare, in “Amburgo vieta le capsule del caffè perché inquinano troppo“. Esistono poi anche dei casi, come quello di Valori.it, che utilizzano sempre lo stesso concetto nel titolo “Caffè, ad Amburgo capsule bandite” ma non forniscono alcuna fonte o link a conferma delle affermazioni.
Per riuscire ad avere qualche notizia più precisa su questo fantomatico bando è necessario ricorrere al giornale francese Le Monde con il suo articolo dal titolo “Hambourg bannit les capsules de café et l’eau en bouteille” che parla in maniera più approfondita dell’argomento e soprattutto riporta (finalmente!, nda) una fonte attendibile, ossia il link alle 149 pagine del documento in pdf del sito ufficiale della città di Amburgo, che rappresenta la guida per l’approvvigionamento sostenibile utilizzato dal comune.
E finalmente si chiariscono molti punti.
Innanzitutto si tratta di Linee Guida e non di regole, cosa che risulta anche evidente dall’utilizzo del termine “sollen” piuttosto che “Muessen“, che entrambi sono traducibili con “dovere” ma con una accezione molto diversa: il primo è più collegato ad un consiglio (ad. es. “sarebbe meglio che si facesse“) mentre il secondo è un obbligo (ad. es. “si deve fare per forza“) ed è infatti utilizzato in ambito legislativo.
A pagina 125 (la “Negativliste“) vengono indicati una serie di prodotti o componenti dannosi per l’ambiente che non dovrebbero essere acquistati ad Amburgo con i soldi dei cittadini. Come correttamente riportato da alcune fonti, non ci sono solo le capsule da caffè, ma anche detergenti al cloro, stufe a gas all’aperto, prodotti che hanno imballi non in cartone e delle bevande posizionate in imballo singolo.
Sembra quindi che più che un divieto sia un invito a non usare questo genere di prodotti all’interno di edifici pubblici, in quanto caratterizzati da un impatto ambientale molto (troppo) alto.
Va anche poi sottolineato che a pagina 7 dello stesso documento viene indicato che per acquisti inferiori ai 500€ (e 1000€ per le scuole), l’uso delle linee guida non è obbligatorio ma “raccomandato” (“empfohlen“).
Personalmente credo che il problema non sia lo smaltimento delle capsule, ma la mancata educazione su come smaltirle da parte di chi le usa che forse dovrebbe avere più rispetto dell’ambiente. A Milano, ad esempio, le capsule Nespresso usate possono essere portate nelle “Nespresso Boutique” oppure in qualsiasi piattaforma ecologica del comune dove ci sono appositi contenitori, mentre buona parte di quelle compatibili possono essere buttate nell’umido. Cercare di limitarne l’uso non è, a mio parere la soluzione corretta, mentre bisognerebbe investire maggiormente nell’educazione.
Chiarito questo punto rimane sempre aperta la questione di come i fornitori di informazione sempre più frequentemente non siano assolutamente in grado di svolgere seriamente il proprio lavoro (che qualcuno ancora vuole considerare come una “missione”, nda) non volendo in alcun modo approfondire l’argomento e/o la notizia di cui si parla e limitandosi troppo di frequente ad una vaga riproduzione di concetti presenti su altri siti, senza verificarne la serietà e la completezza. Il tutto viene poi condito da titoli ad effetto che nulla hanno a che vedere con il testo dell’articolo vero e proprio ma servono solo ad attirare qualche click in più. Parlare di un inesistente bando di qualcosa da una città è ben diverso che sottolineare l’attenzione che un comune ha verso gli acquisti sostenibili, così come limitare l’attenzione alle capsule del caffè senza nemmeno citare gli altri prodotti è, senza dubbio, una pratica deplorevole.
Questa vicenda mi ricorda quando l’IARC (International Agency for Research on Cancer) ha inserito la carne all’interno del loro database e l’intero mondo della pseudo informazione (o dell’informazione dilettantistica) ha iniziato a sfornare titoli sulla linea di “la carne fa venire il cancro“. Consiglio sull’argomento alcune letture prvenienti da Butac.it (qui e qui) e da Bufale.Net (qui)
Alla fin fine non importa quale sia il vero contenuto di un articolo e, soprattutto, quale sia la verità. Quello che conta è il “click“, il “like” e lo sfruttamento della condivisione coatta di qualsiasi contenuto dal titolo accattivante, perpetrata da tutti coloro che non amano utilizzare troppo a fondo il proprio cervello.
Ed ora, visto che oggi sono ad Amburgo, vado a farmi un bel caffè… ovviamente in capsule.
Nota: ringrazio Federico Dag che mi ha dato una grossissima mano nelle traduzioni dal tedesco e senza le quali non avrei mai capito bene come stanno veramente le cose.
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