La inbox della mia mail e tutte le altre cartelle sono sincronizzate e accessibili dal mio PC, dal webmail e dallo smartphone. Ho la mail nel cloud!
No. Hai un account IMAP o Exchange su un server connesso a Internet.
Mi hanno installato due server con VMware Essential Plus e uno storage condiviso. Le macchine virtuali possono passare da un server all’altro. Ho un cloud in ufficio!
No. Hai un sistema di virtualizzazione con funzionalità HA e vMotion.
I backup dei miei dati sono salvati nel cloud e li posso vedere anche via web!
Difficile. Molto probabilmente hai un account su un sistema di storage online.
Ho preso un cloud con un gestionale SAP con un cloud di Citrix e un cloud di server…
Non usare il termine cloud solo per giustificare il fatto di aver speso una quantità imbarazzante di soldi o per giustificare gli acquisti IT.
Ho comperato un NAS per casa e adesso ho un cloud a casa mia!
Con un NAS l’unico cloud che puoi avere in casa è quello di fumo magico.
Ho comperato il servizio della Nuvola Italiana.
Sarebbe bello se le società di telefonia si concentrassero sul loro core business, visto che abbiamo dei doppini marci.
Ho preso una serie di server da Amazon EC2 con istanze che si attivano su richiesta e un data store replicato su due Availability Zone diverse; pago solamente per quello uso e posso attivare altre istanze di server da solo senza problemi.
Finalmente qualcuno che usa un vero cloud!
In buona sostanza il cloud non è mettere i dati online, ma acquistare un servizio online con delle caratteristiche ben precise, come spiegato nel documento del NIST, tra cui:
- auto approvvigionamento: il cloud deve permettere all’utente di crearsi da solo delle nuove istanze dei server e degli storage e di configurarle ad hoc senza l’intervento di tecnici o altro personale specializzato;
- ampio accesso da Internet: i servizi del cloud devono avere una banda appropriata e devono essere accessibili da ogni tipo di client, inclusi quelli mobili;
- astrazione della posizione fisica specifica: i dati sono sono “su quel server lì”, l’utente finale non sa esattamente dove si trovano i dati, ma deve poter decidere a livello macro, come, per esempio, lo Stato in cui mettere o non mettere i dati oppure scegliere più posizioni fisiche non vicine tra loro per migliorare la disponibilità del servizio;
- elasticità: deve essere possibile creare o distruggere rapidamente delle istanze dei servizi per poter far fronte alle variazioni di carico;
- tariffazione per utilizzo: il corrispettivo che l’utente paga è calcolato in base alle risorse effettivamente utilizzate secondo regole prestabilite come, ad esempio, la banda, il tempo di CPU, il numero di connessioni contemporanee.
Molte società hanno messo l’etichetta cloud sui servizi che esistevano da anni senza fare alcun tipo di aggiornamento. Questo non è cloud, ma fumo negli occhi.
Aggiornamento 13/10 17:05 – Durante l’ultimo VMUG IT Day Massimo Re Ferrè ha parlato di cloud computing un maniera leggera ma interessante. Potete rivedere qui il filmato della sua presentazione Bla bla bla cloud.
Lascia un commento