Chimatemi scettico, chiamatemi come volete, ma quando leggo articoli che parlano di Facebook in un certo modo, faccio immensa fatica a credere alle buone intenzioni dell’autore, ma mi viene spontaneo pensare che dietro ci sia una forte necessità di un po’ di sana pubblicità… gratuita.
Mi riferisco a questo articolo: Six reasons Why I’m Not On facebook, nel quale l’autore, che altro non è che il direttore di Wired UK, spiega i sei motivi per i quali lui non è su Facebook. E mi chiedo… perchè il direttore di una rivista dovrebbe dedicare un intero articolo per spiegare una sua scelta personale, se non per sfruttare proprio il fenomeno che l’articolo stesso osteggia ed ottenere un po’ di nuova visibilità in rete?
Ho ovviamente letto queste motivazioni e la prima impressione è stata quella di qualche idea a cui è stata data una pennellata di moralismo … insomma, il minimo sindacale per scrivere un articolo ad effetto.
1) Private companies aren’t motivated by your best interests
Wow, che pensatona… Probabilmente la mia Nicole, di 5 anni, sarebbe già in grado di capire che lo scopo di una società privata è quella di fare soldi per far felice gli investitori. Se poi questo combacia con i migliori interessi di chi usufruisce del servizio, allora bene. Esattamente come Wired, che non è una rivista a scopo benefico. Per quale motivo, quindi, questo dovrebbe essere diverso per Facebook?
2) They make it harder to reinvent yourself
E perchè la gente dovrebbe reinventare se stessa? Per cancellare gli errori che uno ha fatto? E perchè? Ci viene insegnato che si impara dai propri errori… certo, bisognerebbe non farne, ma quando accade… perchè “reinventarsi”. Accettiamo l’errore e cerchiamo di non rifarlo più. Magari, bisognerebbe pensare più a lungo a quello che si condivide, non so… urlereste la stessa frase o fareste girare la stessa foto in mezzo ad uno stadio gremito? (e lo dice uno che di errori, su Facebook, ne ha commessi tanti, nda). Che Rowan abbia qualcosa da nascondere e abbia paura che andando su Facebook questi scheletri nell’armadio possano uscire e ‘rovinargli la carriera’?
3) Information you supply for one purpose will invariably be used for another …
4) … and there’s a good chance it will be used against you
Dejavù… si diceva lo stesso quando, digitando su Altavista (si, quell’Altavista, quello a ‘altavista.digital.com’) un termine per una ricerca, ‘casualmente’ appariva un banner ad essa relativa. “Hey, loro guardano quello che fai… ti mandano la pubblicità in base alle tue ricerche.”
E allora? Dov’è il male? Non metto in dubbio che sia possibile che qualcuno usi le mie informazioni per scopi “malevoli” ma, ripeto, basta usare un po’ il cervello e non rivelare troppo. Forse Rowan non è in grado di farlo?
5) People screw up, and give away more than they realise
Traduzione (non letterale): “gli altri sono ciula e si fanno fregare e per questo io non ci vado, perchè se mi faccio fregare faccio anche io la figura del ciula”.
6) And besides, why should we let businesses privatize our social discourse?
Per capire questo punto, è anche necessario aggiungere un pezzo della sua spiegazione: “Yes, it’s free to join — but with half a billion of us now using it to connect, it’s worth asking ourselves how far this ‘social utility’ (its own term) is really acting in the best interests of society“. Insomma siamo ad una differente versione di ciò che è stato espresso nel primo punto. Siccome Facebook si autodichiara ‘social utility’ da qualche parte nel sito, ed è gratuita, allora è deciso che lo sia e che debba funzionare per il bene della società. Scherza, vero? Ditemi che scherza e che il direttore di una rivista come Wired UK non può essere così ingenuo.
Se non vuoi “andare su Facebook”, non c’è assolutamente nulla di male. E’ una scelta esattamente uguale a quella fatta da chi ci è andato. Nessuno ti contesta e se lo fa è un cretino. Lo trovi un giocattolo inutile? Può esserlo. Lo trovi solo una grande perdita di tempo? Possibile. Lo trovi stupido? Liberissimo di crederlo.
Ma, per favore, non fare facili moralismi e usare banali luoghi comuni, perchè questo articolo non è molto diverso dallo scrivere sul tuo status “oggi ho sei motivi per non leggere wired”.
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