Non devo dirvi io che il Giappone sta vivendo in queste ore un momento tragico della sua storia. Colpito da un sisma di proporzioni enormi, la sua popolazione ha reagito con una preparazione che noi ci sogniamo e sta già avviando la ricostruzione con una efficacia che ci lascia stupiti.
Ricordiamo che il sisma che ha colpito il centro Italia nel 2009 era di grandezza 5,9 mentre questo è di magnitudine 8,9 . Aggiungiamo che la scala Richter qui usata è logaritmica con scala di potenza 3/2, quindi questi tre gradi di differenza in intensità caratterizzano un terremoto che ha rilasciato oltre 30.000 volte l’energia di quello che ha colpito il nostro centro.
Questo dovrebbe dare una idea delle proporzioni della catastrofe.
Città distrutte dal terremoto e dal relativo tsunami. Migliaia di morti e dispersi nella misura di decine di migliaia, presumibilmente tutti feriti, più o meno gravemente.
E di cosa riescono a parlare i nostri giornali?
Centrali nucleari, della loro insicurezza, naturalmente.
Sì, perché come ormai sanno anche i sassi, una delle centrali con 6 reattori ad acqua bollente (di tipo BWR-3, 4 e 5) è stata colpita in maniera molto dura dallo smottamento e, nonostante lo spegnimento effettuato in maniera automatica, tempestiva e corretta, c’è qualche problema nello smaltire il calore residuo.
Per sua stessa caratteristica, un reattore nucleare ha una grande inerzia termica e quindi, anche dopo lo spegnimento delle reazioni, va raffreddato in modo da impedire la fusione degli elementi radioattivi e di tutti gli strumenti di supporto a contatto con questi. L’arresto della reazione a catena avviene grazie all’inserimento di assortitori di neutroni (in questo caso acqua e Boro), a questo punto la centrale non produce più energia e deve usarne dall’esterno per mantenere in funzione il raffreddamento ed evitare la fusione del nocciolo. La centrale giapponese è alimentata in casi di emergenza che è stato danneggiato dal sisma. Nell’unità 1 e 3 del reattore si sta quindi intervenendo pompando acqua di mare nel reattore.
In questo modo il reattore oltre che raffreddato viene definitivamente avvelenato dal cloruro, quindi entrambi andranno probabilmente dismessi e sostituiti.
Nel frattempo di è verificato anche un accumulo di gas idrogeno che è stato responsabile della esplosione che tanto ha fatto scalpore nei servizi dei TG.
Anche a Chernobyl si verificò una esplosione, che poi diede il via alla catastrofe, la differenza sta nel fatto che quel reattore era costruito con tecniche non primitive, ma piuttosto criminali, non era in grado di proteggere il materiale fissile da un cedimento dell’edificio. Al contrario, il reattore giapponese ha retto perfettamente quindi il nucleo è intatto. La IAEA infatti informa che l’esplosione è avvenuta all’esterno di quello che si definisce tecnicamente Primary Containment Vessel che contiene il materiale fissile e ha l’esatto compito di resistere a stress meccanici (come il terremoto e l’esplosione) senza fratturarsi.
Si sta ora indagando qualitativamente e quantitativamente sulla eventuale fuoriuscita di materiale contaminato.
C’è una differenza abissale tra il combustibile fissile all’interno del nucleo e materiale contaminato, soprattutto bisogna stabilire esattamente quale livello di contaminazione stiamo parlando, quanto materiale sia e che tipo di diffusione abbia, per stabilire effettivamente se possa avere una reale influenza sulla salute umana.
Ricordiamo che i danni effettivi per la salute sono spesso sopravvalutatati in casi come questi a causa di una percezione del tutto sbagliata sugli effetti delle radiazioni: come esempio pratico del concetto segnaliamo il rapporto dell’OMS sulle reali conseguenze di qualcosa di molto più grave, ovvero dell’incidente del 1986 in USSR.
La disinformazione raggiunge livelli da barzelletta.
Secondo un giornale a grandissima diffusione, l’aviazione USA avrebbe scaricato “liquido refrigerante” sul reattore, come se fosse un Canadair alle prese con un incendio in un bosco.
Un altro quotidiano di assoluta rilevanza nazionale riporta che le autorità stanno dando pillole di Iodio-131 alla popolazione!
Ricordiamo che lo Iodio-131 è un isotopo radiologicamente attivo dello Iodio e che, al contrario, le autorità distribuiscono invece pillole di Iodio-127 – ovvero l’isotopo più diffuso e non attivo – proprio per saturare i tessuti e per evitare che il 131 sia assorbito da organi come la tiroide. Si tratta di una misura preventiva, in quanto lo Iodio-131 è uno dei residui di fissione più abbondanti e quindi in caso di incidente può facilmente colpire le persone.
Su internet si legge addirittura qualcuno che proclama «Se a una centrale gli si rompe il sistema di raffreddamento diventa esattamente come un’enorme bomba atomica».
Sfortunatamente l’ignoranza scientifica e la disinformazione sul nucleare tengono banco ora come nel 1986 e ancora la maggior parte – non solo del grande pubblico – ma anche dei commentatori non capisce quale sia la differenza tra una centrale elettronucleare e un ordigno atomico (senza entrare nel merito di quale tipo di bomba si stia parlando).
Vista la totale incompetenza oltre che mancanza di precisione nella ricerca delle informazioni, come possiamo aspettarci una informazione ragionata?
Questi giornalisti non solo non sono in grado di andare in una biblioteca a leggere un testo sul nucleare, ma non si prendono nemmeno la briga di aprire la Wikipedia e di leggere l’introduzione delle voci sugli argomenti che pretendono di trattare nei propri articoli. Di conseguenza, come poi possiamo aspettarci politici che abbiano una idea anche vaga di quello che dicono, quando gridano di fermare il “programma nucleare berlusconiano” per via dello tsunami in Giappone?
Come se la nostra politica energetica a lungo e lunghissimo termine fosse un terreno di scontro per i miopi nanetti politici contemporanei, mentre invece è una questione strategica di sopravvivenza e di crescita della Nazione.
Ricordiamo che dipendiamo dall’estero per grandissima parte della nostra energia, che siamo strategicamente ed economicamente esposti ai cambi di umore dei nostri paesi fornitori (la storia dei nostri rapporti con la Libia non ci ha evidentemente insegnato niente), che paghiamo bollette salate e che contribuiamo al programma nucleare di altre nazioni, contribuendo quindi al loro progresso tecnico, scientifico e sociale.
Abbiamo tutti gli svantaggi e nessuno svantaggio.
Ricordiamo infine en passant che proprio un Italiano ha inventato la fissione nucleare controllata e che negli anni ’60 il nostro Paese era la terza potenza mondiale nel nucleare civile dietro a USA e UK, con un futuro di indipendenza energetica prospero e roseo. Non è andata proprio così: passate dai Cugini Francesi per i dettagli su come la storia si sia evoluta.
Ora, se tutto questo discorso lascia ancora indifferente gli anti-nuclearisti più convinti, facciamo questa semplice ipotesi.
Poniamo che il reattore giapponese non sia esistito: al suo posto ci sarebbe un’altra centrale sempre da 4,7 GW di potenza, presumibilmente a gas, a olio combustibile o a carbone. Quindi come prima cosa mettete in conta la quantità di idrocarburi che la centrale avrebbe dovuto consumare dagli anni ’70 a oggi per erogare la stesa energia.
Mettiamo poi in conto tutte le vittime che sarebbero derivate dall’operare la centrale, estrarre le materie prime e trasportarle. E’ un dato di fatto che una centrale nucleare è il tipo di installazione industriale più sicuro al mondo, ogni altra cosa quindi presuppone un numero più altro di operai feriti e deceduti per incidenti e per malattie professionali.
Infine, pensiamo a cosa sarebbe successo se una centrale del genere fosse stata colpita nello stesso modo. Nelle centrali convenzionali non c’è niente di simile al PCV che garantisce il contenimento del materiale fissile, quindi avremmo probabilmente visto un incidente più grave con conseguente rilascio di petrolio o di qualche idrocarburo suo parente.
O peggio di gas metano: il carico completo di una metaniera (qualcosa come 100.000 metri cubi di gas liquefatto) eventualmente stoccato nei pressi della centrale avrebbe provocato una esplosione di proporzioni gigantesche, questa sì a livello di bomba atomica.
Queste eventualità avrebbero provocato danni ambientali ben più gravi e senza dubbio numerosi feriti o addirittura morti. Non parliamo poi di eventuali malattie a lungo termine: infatti non è soltanto la radioattività a provocare un aumento dell’incidenza del cancro nella popolazione, anche se la stampa tende a dimenticarsene spesso.
Qui stiamo parlando di 7 feriti e di una contaminazione ancora tutta da verificare.
Come finirà tutto questo?
Per quanto abbiamo letto, ipotizziamo che i reattori – come detto già spenti – saranno infine raffreddati e portati in condizioni di sicurezza per poi riprendere a funzionare (non tutti purtroppo, per le ragioni che abbiamo detto sopra) tra qualche mese. Il danno collaterale potrebbe essere quello di una fuga di qualche tipo di materiale contaminato.
Anche nella peggiore evenienza di una fusione completa del nucleo, esattamente come avvenne a Three Mile Island, ragionevolmente non ci dobbiamo aspettare nessuna fuga di materiale dal nocciolo e dal contenitore del materiale radioattivo.
In ogni caso, per quanto grave l’incidente possa essere, non è semplicemente possibile dire no all’energia nucleare, in Giappone come in molti altri Paesi: il consumo energetico è quello che è e, ameno di volere tornare nel medioevo, dobbiamo semplicemente soddisfarlo.
Chiudere le centrali nucleari significa aprine qualcuno di altro tipo: vogliamo parlare del costo ambientale? Delle migliaia di morti in incidenti nelle miniere di carbone? I danni alla salute provocati dallo sfruttamento dell’energia “convenzionale”?
La vita umana è preziosa e dobbiamo sempre sforzarci per preservarla, ma non dimentichiamoci che, una volta detto no al nucleare, dobbiamo ricordarci di calcolare il costo umano e ambientale anche delle tecnologie con cui lo soppiantiamo. Le centrali nucleari non sono un intervento di chirurgia estetica su una nazione, un vezzo per proclamare la propria grandezza o un gioiello da esibire in alta società, sono il fondamento della indipendenza e dell’efficienza energetica.
Non riusciamo a toglierci le fette di salame agli occhi, continuiamo a pensare che l’energia sia un bene gratuito e innocuo e che le centrali nucleari siano il male.
Non è così, non lo sarà mai: tutti i dati storici, una volta considerati in maniera razionale, lo dimostrano a gran voce.
Solo non vogliamo ascoltare.
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