Qualche giorno fa Luigi ha postato una foto estratta dal blog “Tette per la scienza” ed è proprio da questo che voglio partire.
Viviamo, purtroppo, in un paese strano. Molto strano… quasi assurdo.
Un paese dove le esperienze delle vicende Mamma Ebe, Wanna Marchi e Di Bella non sono servite a nulla al punto da permettere ad un nuovo imbonitore, Vannoni, di porsi come nuovo santone della medicina italiana, senza che non sia stata prodotta una qualsiasi prova scientificha (e sottolineo scientifica) delle sue “cure”. Un paese dove si permette a trasmissioni televisive (prima fra tutte “Le Iene“) di spacciare per soluzioni e rimedi scientifici delle teorie che di scientifico non hanno assolutamente nulla, trasformando beveroni vegani in cure per reali malattie degenerative dando credibilità a libri che sono stati strasbugiardati dalla medicina, quella vera. Un paese dove si da retta a chi trasforma le leggi fisiche in assurdi complotti perpetrati da altrettanto assurde entità che gestiscono il mondo. Un paese dove si fa di tutto per confondere la vivisezione con la sperimentazione sugli animali giocando con le parole e usando immagini vecchie o totalmente decontestualizzate, sempre quando non si montano video “ad hoc”. Un paese dove si preferisce raccontare delle falsità storiche e scientifiche pur di raccogliere qualche soldino in più. Un paese dove si sputa sulla ricerca pur di farsi un po’ di pubblicità.
Ma la cosa triste è che la disinformazione regna sovrana perchè i metodi utilizzati per disinformare sembrano funzionare.
Funzionano perchè bugie e i cattivi messaggi (anche quelli pericolosi) presentati in modo intrigante sono molto più efficaci delle verità anche quando sono spiegate in modo semplice. Funzionano perchè il controllare, o anche il solo leggere, quello che si condivide richiede un po’ di tempo e di volontà e per molta gente l’importante è essere i primi a spacciare qualsiasi cazzata dotata di un “titolo interessante”. Funzionano perchè la “cultura digitale” non è considerata importante visto che l’unica “vera cultura” è quella analogica.
A molti “Tette per la Scienza” può sembrare assurdo… ma non lo è affatto, anzi. E non è la “mercificazione del corpo femminile” come qualcuno ha immediatamente commentato. Non conosco chi abbia inventato questo sito, ma mi piacerebbe conoscerla… per ringraziarla per quello che ha creato.
“Tette per la scienza” è qualcosa di nuovo, di necessario. È il provare a usare metodi diversi per far passare messaggi importanti, alcuni fondamentali, seguendo la logica che tanto funziona con chi spaccia bufale e preferisce disinformare. È il voler dimostrare che la scienza la si può anche veicolare in modo diverso pur di renderla “attraente”. È una delle più simpatiche iniziative per diffondere messaggi scientifici veri. E questi messaggi non si limitano alle poche righe che accompagnano le immagini, ma sono arricchiti da una spiegazione, da una descrizione e quasi sempre anmche da link più esplicativi. Esattamente ciò che dovrebbe essere sempre fatto quando si vuole comunicare qualcosa.
OGM, astronomia, evoluzione, omeopatia, sperimentazione animale sono alcuni tra gli argomenti trattati e credo di poter tranquillamente affermare che altri se ne aggiungeranno, anche considerando che si iniziano a vedere utenti partecipare inviando le loro foto… e non solo donne, visto che qualche giorno fa è apparsa la prima foto di un uomo con la citazione di una splendida frase del filosofo Henry D. Thoreau.
Quando ho cercato l’immagine da scegliere per questo post ho voluto, però, puntare la mia attenzione su quella che parlava di ricerca (anche se non ci sono tette). Il motivo è molto semplice: la ricerca in Italia è sempre più sotto processo, sempre sotto accusa, sempre più osteggiata da chi non riesce a capire che è fondamentale per il nostro futuro e per quello dei nostri figli. Ed è per questo che oltre a invitarvi a seguire “Tette per la Scienza“, vi suggerisco anche di andare a visitare http://www.sciencebulletchallenge.it/, per condividerne e aiutare a diffonderne il messaggio, commentando sul sito o anche utilizzando l’hashtag #ScienceBulletChallenge, magari insieme a quello, non meno importante di #iostoconlaricerca… ricordandosi sempre che chi fa ricerca lo fa anche per chi la combatte e la osteggia.
Lascia un commento