Spesso si sente parlare di Facebook come di uno strumento del diavolo, fonte di ogni male possibile ed immaginabile, supportando questa battaglia con diversi esempi che utilizzano post, immagini e video in esso presenti.
I “media tradizionali” (radio, televisione e giornali) sfruttano e portano avanti questa filosofia sia perchè Facebook, e i Social Network in generale, si stanno proponendo come dei temibili concorrenti (spesso anche più credibili) ma soprattutto perchè il parlare male di Facebook va terribilmente di moda ed attira pubblico.
Il problema, però, non è Facebook. Come ho più volte scritto, detto e ripetuto, non è il mezzo sbagliato, ma l’uso che ne viene fatto e, peggio ancora, l’idiozia di chi lo usa. E non mi stancherò mai di scrivere, dire e ripetere questa cosa.
Non possiamo certo dare la colpa a Facebook se tra i propri utenti ci sono “primati dal pollice opponibile” (e troppi loro seguaci) che arrivano a scrivere cose come questa:
oppure come questa:
Sia ben chiaro: questi 2 screenshot si riferiscono a dei post che non sono stati creati da Facebook e i “Mi piace” che questi hanno ricevuto non sono stati messi in maniera automatica da qualche sistema.
Tutto deriva dall’azione volontaria di veri e propri “esseri umani”.
Entrambi gli autori di questi post li hanno realizzati con l’unico ignobile scopo di sfruttare due tragedie al fine di perorare la loro “causa” (veganesimo da una parte, scie chimiche dall’altra).
Entrambi gli autori sono già stati oggetto di miei post, certamente più gioviali e goliardici, per alcune loro esternazioni, ma mai e poi mai avrei potuto immaginare di dover arrivare a parlare nuovamente di loro per aver scritto dei veri e propri “capolavori di vergogna“.
Il primo dei due lo ha realizzato l’amministratore (o uno degli amministratori) di una pagina vegana. Avevo già parlato di lui mettendo in luce uno dei suoi numerosi e più classici esempi di quell’incoerenza tipiche della sua setta, ma qui, ovviamente, si va ben oltre.
Il 18 Marzo 2015 un gruppo di terroristi attacca il “Museo del Bardo” a Tunisi, uccidendo 24 persone e ferendone una cinquantina, quasi tutti turisti provenienti da due navi di crociera ormeggiate nel porto della città. Ma per questa persona non esiste alcun rispetto per questi morti, per le loro famiglie e con un ragionamento assolutamente assurdo e senza senso, ecco che considera questo attacco come un modo per dimostrare la sua tesi, non importa se già confutata a livello scientifico. Si possono calpestare i morti, considerandole (ovviamente senza nemmeno conoscerle) delle “cattive persone” in quanto “onnivore” (già, come se fosse una colpa o una malattia), perchè il fine ultimo è quello di cercare di colpire la pancia di chi legge e non certo il cervello che lui spera sia spento.
Il secondo post fa riferimento all’incidente del volo Germanwings del 24 marzo 2015, quando 150 persone sono morte tra le alpi francesi nel tragitto tra Barcellona e Dusseldorf (tra l’altro tutto ciò è accaduto proprio mentre io mi trovavo su un volo Germanwings diretto ad Amburgo, nda). Anche in questo caso l’autore di quel post (che si era già reso ridicolo in rete) sfrutta questa tragedia per “confermare” la sua assurda teoria delle “scie chimiche”. Anche in questo caso i morti sono il danno collaterale di una manovra fatta apposta dall’aereo per “irrorare” e per questo li si possono usare fregandosene del rispetto che meriterebbero. Anche in questo caso il fine ultimo è quello di colpire la pancia delle persone che lo seguono sperando che abbiano il cervello spento.
Non voglio difendere Facebook. Voglio solo far notare, una volta di più, che il problema non è lo strumento, ma le persone che lo usano. Il problema non è il mezzo con cui vengono diffuse le (dis)informazioni, ma chi le genera, chi le inventa, chi le costruisce. E sono queste le cose da combattere e non certo l’ipotetica “violazione della privacy”, altro argomento che fa piacere a chi vuole attaccare questo Social Network.
E la disinformazione la si combatte in un modo solo: accendendo il cervello. Sempre.
Lascia un commento